Lo ha dimostrato contro il Sassuolo. Piuttosto che accontentarsi di un calcio di punizione, va avanti verso la rete. È diverso da Neymar e Chiesa
Cos’ha di speciale Dusan Vlahovic? Non si butta, crede nelle sue capacità. Piuttosto che cercare di guadagnare una punizione lasciandosi cadere a terra, va vanti perché è convinto di poter segnare. È il senso del pezzo che Gabriele Romagnoli dedica all’attaccante della Juventus su Repubblica. Vlahovic lo ha dimostrato contro il Sassuolo, nella partita di Coppa Italia infrasettimanale.
“Dusan non cade. È successo per tre volte, con giustificato stupore del telecronista. Lo ostacolano mentre corre, lo cinturano mentre tenta uno stop e l’ultima, più clamorosa, lo strattonano mentre va verso la porta. In tutte e tre le occasioni potrebbe andare giù, a terra. Guadagnerebbe una punizione certa contro l’esito incerto della sua azione, ma non ci pensa nemmeno. Va avanti”.
Vlahovic, continua Romagnoli, valuta alternativa che ha di fronte:
“lo soddisfa o no un calcio di punizione? Vlahovic conosce invece il proprio valore, o meglio: in esso confida. Quando Muldur del Sassuolo lo trattiene, l’istinto e l’esperienza vissuta gli trasmettono l’istantaneo messaggio: prosegui, puoi ottenere di più, sei vicino alla porta, hai quasi la visuale per il tiro. Questo decide di fare e il destino lo premia con la deviazione in rete dell’avversario”.
Non si è affidato al destino, ma alle sue capacità.
“Ci sono attaccanti che cadono letteralmente per niente, i tuffatori. Altri che cadono legittimamente, ma anche quando potrebbero cercar di proseguire, i barcollanti. Sono bravi Neymar e Chiesa, ma la loro figurina li ritrae seduti sul prato, con le braccia spalancate e la bocca aperta a urlare una protesta. Tra quelli che difficilmente cadono ci sono Messi e Ibrahimovic. E adesso anche Vlahovic”.