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Marquez e il suo tunnel: «Avevo smesso di mangiare, dimagrivo. La rivalità è il mio lavoro»

A El Pais: “Potessi tornare indietro, non risalirei in moto quattro giorni dopo l’operazione. Nessun medico mi fermò. Ora lo stress sportivo per me è un passatempo”

Marquez e il suo tunnel: «Avevo smesso di mangiare, dimagrivo. La rivalità è il mio lavoro»
Sachsenring (Germania) 14/07/2018 - qualifiche Moto GP / foto Panoramic/Insidefoto/Image Sport nella foto: Mark Marquez ONLY ITALY

Marc Márquez ora dice di sentirsi più vecchio. Ha già ampiamente raccontato degli infortuni, della diplopia e della depressione. Ma ogni volta che lo fa aggiunge un tono diverso, più autentico. A El Pais racconta lo stato d’animo del campione che cambiato prospettiva, e che nella maturità è forse ancora più agguerrito.

“L’anno scorso mi è costato molto. Andare in moto non si dimentica, è come chi sa sciare, che da una stagione all’altra fa la prima discesa con più calma e poi se ne va. Ma avevo un limite fisico dovuto al mio braccio. Quando il dolore aumentava, la forza diminuiva e non potevo guidare come volevo. E quando ho iniziato a godermela un po’, è arrivata la lesione all’occhio, che mi ha tenuto fuori per altri due mesi e mezzo. Grazie al dottor Sánchez Dalmau e alla sua pazienza, sono riuscito a guarire. E ora penso al braccio. Perché il braccio non l’ho dimenticato”.

Marquez confessa che se potesse, “se avessi una macchina del tempo”, “cambierei quella decisione di tornare su una moto così in fretta, quattro giorni dopo l’intervento. Ho imparato che ci sono molte carriere, ma il corpo è solo uno. Se ti prendi cura del tuo corpo farai molte gare. Ho preso quella decisione perché nessuno mi ha fermato, perché i medici mi hanno detto che potevo farlo. Ma quello che è successo è successo. E mi sono rotto di nuovo”.

Marquez è uscito dal tunnel. E quel tunnel lo racconta così:

“Nemmeno i medici sapevano se sarebbero passati tre mesi, sei, o se non sarei mai guarito e non avrei mai più guidato una moto. Arriva un punto in cui il tuo corpo si spegne. Non è che ti senti sconfitto, ma ti lasci andare. Non potevo fare niente. Poi è comparsa l’ansia, non mangiavo, perché non avevo fame… E il corpo ha reagito: sono dimagrito, avevo il viso coperto di brufoli… Ora è appena un mese che guido la mia moto, ho iniziato ad aumentare di peso, ad avere un bell’aspetto. Il primo mese, lo scorso novembre, non riuscivo nemmeno a guardare la tv. Non riuscivo a camminare bene, né a prendere la macchina… Vedevo due immagini tutto il giorno, sovrapposte, sfocate, mi davano le vertigini. Non potevo condurre una vita normale. Volevo essere curato per poter avere una vita normale. Quella era la mia priorità”.

“Per me la pressione sportiva, per ottenere risultati è un piacere. È una bella pressione. La pressione o l’ansia possono essere create da un infortunio che ti fa non sapere cosa accadrà alla tua vita. Capisco la famiglia che lotta e soffre ogni mese per portare avanti i propri figli. La rivalità è il mio lavoro e il mio passatempo. Posso perdere un titolo, ma se non lo vinco, che succede? Niente. La vita va avanti”.

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