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Tozzi: «Nella Nazionale cantanti Mogol e Morandi facevano giocare solo chi vendeva più copie» 

Al Corriere: «Anche se erano schiappe. Ma io sono stato capocannoniere per 12 anni. Da piccolo volevo fare il calciatore»

Tozzi: «Nella Nazionale cantanti Mogol e Morandi facevano giocare solo chi vendeva più copie» 

Il Corriere della Sera intervista Umberto Tozzi: domani compie 70 anni. Ha all’attivo più di 80 milioni di dischi venduti. Da bambino, però, non sognava di fare il cantante.

«No, calciatore. Sono nato a Torino, mamma casalinga, papà guardia notturna per mantenere tre figli e dopo aver vissuto due guerre. Stavamo in cinque in una camera e cucina, io vivevo per strada. Poi, imbracciai per caso una chitarra e cominciai a uscire non per giocare a pallone ma per suonare sulle panchine. Dopo, ho fatto per anni il chitarrista freelance, mangiando panini, ospitato a Milano a turno da amici musicisti. Ero timido e mi vergognavo della mia voce».

Nel 1987 ha vinto Sanremo con “Si può dare di più”, in trio con Gianni Morandi e Enrico Ruggeri. Parla di loro.

«Fu splendido perché c’era un rapporto strettissimo: eravamo insieme nella Nazionale cantanti. Mogol e poi Morandi facevano giocare solo quelli che vendevano di più anche se a pallone erano schiappe, ma io sono stato capocannoniere per 12 anni».

Come nasce una canzone?

«Il talento sta nell’avere l’ispirazione per tre accordi forti, poi, la canzone mi viene in massimo tre ore. Sono pure pigro. Anni fa, dovevo scrivere con Mogol. Mi disse: però io non lavoro più di due ore al giorno. E io: io anche meno!».

 

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