Intervista a La Repubblica: «Sono con un piede nella fossa e uno sulla saponetta, ma se si smette di avere progetti si muore».

Repubblica intervista Piero Angela. A dicembre compirà 94 anni. Parla dell’affetto che da sempre gli riserva il pubblico («un pubblico trasversale»).
«Normalmente mi ringraziano: “Ho scelto quella facoltà perché seguivo i suoi programmi, leggevo i suoi libri”. Sento la vicinanza, è bello influenzare la vita delle persone».
Parla anche della guerra: l’attacco della Russia all’Ucraina gli ricorda la guerra vissuta a Torino quando era dodicenne.
«Avevamo un etto e mezzo di pane al giorno, bagnato, fatto con una farina grigia. Ci portarono a visitare il Museo dell’agricoltura, c’erano pagnotte di pane bianco. L’insegnante ci disse: “Guardate che voi il pane dovete mangiarlo con piccoli bocconi, ditelo ai vostri genitori”. Avevamo la tessera annonaria, ho fatto veramente la fame. Ricordo nella minestra i pezzetti di carta: mia madre una volta che aveva finito la piccola quantità di burro, per raccogliere quello rimasto faceva bollire anche la carta che lo avvolgeva. Poi il freddo. Durante la guerra non c’era il riscaldamento, si andava letto con la bottiglia d’acqua calda per scaldare i piedi, a scuola stavamo col cappotto e i guanti».
Parla della sua età.
«Se uno smette di avere progetti è praticamente morto, bisogna averne sempre e portarli avanti. Quest’anno compirò 94 anni, sono con un piede nella fossa e uno sulla saponetta. Quando sono in piedi ho più di 90 anni, soffro di discopatia. Ma quando sono seduto ne ho 45: non mi trovo diverso, continuo a fare le stesse cose».