Il capitano ha da tempo la mente rivolta al Canada. Spalletti lo ha messo fuori squadra in momenti determinanti per il Napoli

“Si chiama gratitudine e si paga alla rovescia. In Nazionale è così da sempre, nei club è diverso, lì si cancella e si riparte, ma in Nazionale è tutto più difficile, pur sapendo che la riconoscenza non ha mai portato a niente”.
Lo scrive Alberto Polverosi sul Corriere dello Sport. La tesi è semplice: il ct della Nazionale, Roberto Mancini, si è affidato a chi gli aveva fatto vincere gli Europei, calciatori come, per citarne solo alcuni, Barella e Insigne, lo ha fatto per riconoscenza, ma la riconoscenza non gli ha regalato il passaggio al Mondiale.
“Se alla vigilia di Italia-Macedonia anziché Mancio in panchina si fosse seduto qualunque altro allenatore, fra Barella (che nell’Inter si trascina da almeno un mese in una evidente crisi fisica e atletica) e Tonali (che nel Milan vola) secondo voi chi avrebbe giocato? E Insigne, che da tempo ha la mente rivolta al Canada (e che Spalletti ha messo fuori squadra in momenti determinanti per il Napoli), avrebbe giocato titolare? Barella e Insigne erano gli uomini di Mancini all’Europeo, ed è andato avanti con loro. Perché in Nazionale il gruppo è sacro e non si può scalfire. E alla fine si paga a caro prezzo, l’estrema lucidità che porta un ct a trasformare una selezione di giocatori in una squadra vera non può durare troppo, se così fosse quel commissario tecnico sarebbe un genio, non solo un grande allenatore come nel caso di Roberto Mancini”.