Il calciatore ucraino del City intervistato dal Guardian. «È un genocidio, chi resta in silenzio è complice, anche tra i calciatori. Non siamo come i russi, noi ucraini siamo liberi»
Non riesce a «proteggersi» dalle cattive notizie, a restarne in qualche modo fuori. Non può vivere – arriva a dire – al di fuori di questa situazione. Parliamo di Oleksandr Zinchenko, calciatore del City. La situazione, ovviamente, è la guerra nel suo Paese, in Ucraina. Racconta le sue sensazioni al Guardian.
«Sono passate più di sette settimane e qualcuno inizia a dimenticare, o quantomeno ad adattarsi alla situazione, alle brutalità a cui si assiste ogni giorno nel mio Paese. No, no, no. Le persone muoiono, non solo di fame. Come si fa a rilassarsi? Bisogna parlarne ancora di più. Odio le persone che hanno invaso la nostra terra. Ogni giorno sempre di più. Non smetterò di parlarne, il mondo intero deve conoscere la verità»
Zinchenko è frustrato dal fatto che in Russia molti non siano disposti a reagire, a condannare l’invasione.
«Ho amici laggiù, una piccola cerchia, ma ora si è ridotta quasi a nulla. Sono molto deluso. I ragazzi che conosco mi hanno chiamato non appena è avvenuta l’invasione, mi hanno scritto: “Mi dispiace tanto Alex, ma non possiamo fare nulla”. Certo che puoi. Se rimani in silenzio significa che sostieni ciò che sta accadendo in Ucraina in questo momento, e non riesco a capire perché lo facciano. Forse hanno paura, perché sui social media vediamo immagini di russi che vengono portati in prigione se protestano. Ma guardiamo in particolare ai calciatori o a chiunque abbia un pubblico enorme. Se tutti loro pubblicassero qualcosa su Instagram dicendo, contemporaneamente: “Ragazzi, siamo contro la guerra, dobbiamo fermarla”, verrebbero tutti arrestati? Ovviamente no, non succederebbe. E dunque è un vero peccato che non dicano nulla»
Zinchenko, subito dopo l’invasione, indossò la fascia di capitano. E incassò il sostegno di tutto il pubblico inglese.
«Mi sono commosso», dice. «Non posso spiegare esattamente cosa ho provato dentro ma, sentendo quel supporto, mi sono sentito davvero orgoglioso di essere ucraino. Sono veramente grato a chi ci ha sostenuto e continua sostenerci. Ed è stata così gentile da parte dell’allenatore, e del nostro capitano Fernandinho, la scelta darmi questa opportunità. Ogni giorno, ancora, vengono da me e mi chiedono com’è la situazione e come sto»
È quando viene fuori l’argomento di Bucha, che le emozioni di Zinchenko si scatenano. Conosce bene quelle strade, quella zona, le persone che la abitano.
«È un incubo. È stato uno shock per il mondo intero essere messo di fronte alle cose che hanno fatto lì. Cose terribili e spaventose. Hanno ucciso i nostri civili. Hanno ucciso i nostri figli. Hanno violentato le nostre donne, le nostre ragazze. Hanno ucciso i nostri cani e li hanno persino mangiati. Non riesco nemmeno a descrivere cosa provo per loro. Li odio così tanto, per tutto quello che hanno fatto al popolo ucraino e all’Ucraina. E odio le persone in Russia che cercano di convincere gli altri che questa è propaganda. È imbarazzante. Come possono dire questo? La gente mi manda le foto reali, i fatti reali. I corpi dei nostri civili morti sono rimasti a terra per due settimane. Devono assumersi la responsabilità di questo»
Zinchenko è chiaro: è un genocidio.
“Ho visto video con giornalisti che chiedevano ai civili russi: ‘Sostieni ciò che sta facendo il tuo presidente?’ E loro rispondono: ‘Sì, certo che siamo dalla sua parte.’ E quando viene chiesto loro come se la caveranno con le sanzioni, dicono solo che ne soffriranno. Come puoi convincere queste persone? E come può funzionare un Paese come questo? Ho visto sondaggi che affermano che oltre il 70% dei russi sostiene questo disastro. È incredibile. Semplicemente non capisco. Ma questa è la differenza tra Ucraina e Russia. Da quando gioco all’estero ho sentito molte persone pensare che siamo essenzialmente uguali a loro. Ma non è neanche lontanamente vero. In Ucraina possiamo parlare liberamente, pensare liberamente e sarà lo stesso quando ricostruiremo il nostro Paese”.