Le ultime due sconfitte contro Italiano e Eleonora Mourinho Duse ci hanno restituito la tranquillità di dedicarci ad altro con due mesi di anticipo
Meglio così. Ci siamo tolti un pensiero.
È stato bello sognare, ma i sogni coltivati per troppo tempo, e interrotti da troppe, sfiancanti docce gelate, possono nuocere gravemente alla salute.
Per carità, un periodo di calo può capitare, e capita, a tutte le squadre.
I momenti bui, le fasi di risultati negativi o il classico ‘mese nero’, sono all’ordine del giorno in qualunque campionato e per qualunque squadra.
Ma poi ci si riprende. Si analizzano gli errori, si mettono in atto i correttivi, si cambiano gli schemi, eventualmente anche gli uomini, e ricomincia la corsa.
Per il Napoli, no. Questo schema non vale.
Il Napoli ha preso l’abitudine di perdere la partita successiva a una magnifica vittoria, procurata dal bel gioco espresso.
Come spiegare altrimenti la sconfitta in casa con lo Spezia, dopo la vittoria a Milano (casa Milan)?
E come giustificare l’altra sconfitta in casa (contro il Milan), dopo la grande vittoria della settimana precedente in casa Lazio?
Oppure vogliamo parlare dei pareggi:
- con il Verona (uno a uno a Napoli) arrivato dopo una serie di dieci vittorie interrotte soltanto dallo zero a zero in casa Roma;
- con il Cagliari (uno a uno in Sardegna, frutto, forse, della peggior partita disputata dal Napoli in questo campionato) arrivato dopo quattro vittorie consecutive e un pareggio casalingo con l’Inter (figlio, quest’ultimo, della ‘paura di osare’);
- con il Sassuolo (due a due in casa dei ‘ceramisti’, come li chiama il mio amico Nello Mascia) maturato a causa di uno ‘spreco’ del Napoli il quale, in vantaggio per due a zero, non seppe amministrare e condurre in porto la vittoria.
Tutto questo dopo la roboante vittoria (quattro a zero) contro la Lazio.
Ma veniamo alla penultima, e più ‘sanguinosa’ sconfitta. Quella con la Fiorentina.
A mio parere il risultato si è materializzato grazie a un unico fattore: Spalletti è stato ‘incartato’ da Italiano.
L’allenatore fiorentino, che io reputo il migliore di tutta la serie A (quanto ho sperato l’anno scorso, che lo prendessimo noi), ha concesso a Spalletti tutte le praterie che voleva per il suo (nostro) centravanti, applicando però, a sua volta, un pressing feroce nella nostra metà campo, in modo tale da tenere bassi i nostri esterni e il nostro centrocampo e, di conseguenza, rendere quasi del tutto inoffensivi i lanci lunghi per il ‘triste, solitario y final’ Osimhen, ‘messo lì nella vigna a far da palo’. E senza un compagno con il quale poter ragionare di calcio.
E non capisco quale senso abbia far entrare Elmas al settantanovesimo minuto. In lui, o ci credi o non ci credi. Non è possibile crederci per soli dieci minuti su novanta, nel momento in cui, ormai, tutti gli schemi sono saltati e si buttano solo palloni ‘in the box’ alla sperindio.
Eppure, il nord-macedone spesso è stato quello che ci ha tolto diverse castagne dal fuoco. Ma negli ultimi dieci minuti le castagne sono ormai carbonizzate e nessuno può più tirarle fuori.
E arriviamo al pareggio con la Roma e alla perdita del sogno.
Potrei fare il copia-incolla di quello che ho appena scritto della sconfitta con la Fiorentina.
Con la differenza che, mentre la Fiorentina aveva un allenatore che seguiva attentamente i vari momenti della gara, apportando sempre i necessari correttivi e muovendo i suoi calciatori come ‘pezzi’ degli scacchi, l’allenatore della Roma era molto più preso dalla cura della sua solita ‘interpretazione’ del Divo-delle-panchine, tutto sorrisetti beffardi, ammiccamenti e mossette, svenimenti e braccia levate al cielo, che nemmeno Eleonora Duse, fino alla veemente invettiva finale contro l’arbitro (anzi gli arbitri) rei di non essersi inventati nulla per farlo vincere. Accusa che ritengo ingiusta in quanto gli arbitri hanno fatto di tutto per esaudirlo (basti citare i sei minuti occorsi per sancire un rigore solare).
Par quanto riguarda il Napoli, ha tentato di poter vincere la partita, ma mettendoci tanto giudizio e precauzione, tata circospezione e tanta cautela (non sia mai che la perdiamo, che ne sarà di noi?).
Ha fatto di tutto per rimandare il gol della Roma fino ai minuti di recupero. E c’è riuscito.
Il pareggio lo abbiamo meritato grazie all’uscita di Osihmen per Mertens e ai lanci lunghi per Ciro il breve (nel senso dell’altezza).
A proposito di Osimhen, e di Mertens, ritengo un delitto non farli giocare insieme fin dal primo minuto. Sono gli unici due che, in questo momento, sanno bene dove si trova la porta avversaria. Sono gli unici due in grado di capirsi a volo e di completarsi a vicenda.
Io credo che durante la settimana, li facciano entrare al Konami Center da due ingressi diversi per non farli incontrare.
E a questo punto, mi piacerebbe anche poter leggere il contratto che lega Zielinski alla SSC Napoli.
Immagino che preveda una penale milionaria a carico della Società per ogni partita che il polacco non giochi da titolare.
Sarebbe l’unica motivazione ragionevole per vederlo vagare tutte le domeniche, su un prato verde, con la maglia del Napoli addosso, a chiedersi cosa ci stia a fare in quel luogo e in quel momento e cosa cerchino da lui quegli altri dieci che indossano una maglia uguale alla sua e che, ogni tanto gli lanciano una sfera di cuoio che lui non ha mai chiesto.
Appare chiaro che questo stato delle cose fa male alla squadra ma fa ancora più male al calciatore e alla sua autostima che rischia di perdere per sempre.
Non sarebbe più ragionevole concedergli un periodo di riposo, assistito magari da un bravo psicologo, per permettergli di ritrovare se stesso e scacciare i propri fantasmi che lo inseguono?
Perché credo che il problema sia proprio lì.
E non chiedetemi di Insigne.
Il ricordo, sì il ricordo, che ho di lui e dei momenti belli che ci ha regalato, non voglio sia offuscato dalla sciagurata gestione della vicenda contrattuale nel suo ultimo anno al Napoli, vicenda che ha visto coinvolte tutte le parti in causa, con pari responsabilità, in un gioco al massacro di rara stupidaggine e di violenta insulsaggine.
Ti auguro, comunque, tutto il bene, Capitano.
Per noi che restiamo qui, invece, abbiamo, ora, il tempo e la tranquillità per poterci dedicare, con circa due mesi di anticipo, a svaghi meno stressanti e impegnativi.
Potremo finalmente, per esempio, accettare senza patemi un invito a cena il sabato sera senza dover prima consultare l’orario delle partite.
Trasformare un sogno in realtà richiede troppo impegno, troppa tensione, troppa applicazione, troppi e laboriosi calcoli.
Meglio essercene liberati.
Meglio puntare a una più borghese e rilassante conquista di una partecipazione alla prossima ‘Champions’.
Del resto, non era questo il nostro obiettivo?
La rivoluzione e la presa del Palazzo, già rinviata ‘quando c’era Lui’, dovremo, per motivi indipendenti dalla nostra volontà, rinviarla ancora.
Vi faremo sapere.