È nato in un campo profughi in Angola, la sua famiglia fuggiva dalla guerra. Non ha neanche vent’anni e ha svoltato la semifinale di Champions
Mentre tutti attendevano l’arrivo di Mbappé a Madrid, proprio nel finale della prima stagione della grande soap opera di mercato del nostro tempo, apparve Eduardo Camavinga. Appena maggiorenne, cercato anche dal Psg. E colpì subito Ancelotti per la l’innata personalità, sin dai primi allenamenti a Valdebebas.
Camavinga è nato in un campo profughi ad Angola, un campo dove la sua famiglia era scappata per fuggire dalla guerra in Congo. Ha avuto un’infanzia a dir poco difficile. Nella capitale spagnole ha portato tutta la sua enorme famiglia: ha comprato una casa enorme, in periferia, per ospitare tutto il clan.
El Paìs ne fa un ritratto. Contro il Psg, il Chelsea e il City le sue gambe lunghe e ferventi e il suo repertorio di tocchi ed intensità sono stati la risorsa di questo Madrid. S’è mosso senza manici, contro Guardiola, visto che alle spalle non aveva né Modric, né Kroos, né Casemiro. Non glien’è importato nulla: ha messo in area la pelota del pareggio, ha ispirato l’azione da cui è nato il rigore di Benzema, ha inciso il suo marchio su una semifinale di Champions. A poco più di diciannove anni.
“È ben al di sopra delle aspettative fissate per il suo primo anno”, ammettono fonti del Real
Per il Paìs, Camavinga s’è imposto come un microonde. Aveva iniziato col botto, poi ha passato alcuni mesi in ombra. Troppa veemenza, troppa esuberanza. Poi alla lunga è venuto fuori. Ora è un calciatore praticamente fondamentale. Un centrocampista moderno, che può fare tutto. Secondo Ancelotti anche il perno davanti alla difesa, il nuovo Casemiro, e non solo la mezzala. Si adatta perché è “senza complessi”, perché non ha paura di nulla. E ora permette ad Ancelotti di fare a meno di uno dei tre dell’apocalisse, se non di tutti e tre, come è successo per ribaltare la partita col Manchester.