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Chi l’ha detto che lo sport dev’essere bello? La lezione di Wilander

Non siamo a 4 Ristoranti. Ci hanno venduto la frottola che siamo “clienti”, e che non possiamo annoiarci. La dittatura del customer care

C’è stato un tempo, manco troppo lontano, in cui la gente andava allo stadio per guardare la partita senza farsi il problema accessorio della qualità del suo intrattenimento. Tifava, bestemmiava, esultava, s’incazzava. “Viveva” lo sport da esterno, da terzo incomodo, da guardone. La “bellezza” era un concetto inconsapevole, non un dato da oggettivare, un metro della propria soddisfazione. Quand’è che abbiamo preso a giudicare una partita di calcio, o di tennis, una gara di sci o di atletica, come fossimo a 4 Ristoranti? Eh, bello quel dritto in top, ma è penalizzato dall’impiattamento…

Mats Wilander – uno che ha vinto sette Slam e che dopo non s’è rifugiato in una capanna nel bosco tipo Unabomber, ma fa il commentatore per Eurosport: è uomo di mondo – ha scritto su L’Equipe che non ne può più di questa mania dello spettacolo.

“Da quando sono arrivato a Parigi, sento quasi solo questa parola sulla bocca dei miei interlocutori: spettacolo. La cosa mi infastidisce. Il tennis non è intrattenimento. Come la musica o le arti in generale, può essere estremamente divertente. Ma non è la stessa cosa. Per me l’intrattenimento è vedere in televisione un bicchiere d’acqua versato sulla testa di un personaggio famoso. Può essere divertente (o anche no) ma non è in alcun modo qualcosa di profondo, di interessante, di didattico o di stimolante. Non è serio. Lo sport sì. Il tennis è serio“.

Il punto non è che Mats Wilander ride come uno scemo davanti alla tv mentre fanno i gavettoni a gente famosa. E’ che chi fa sport (a tutti i livelli) sa perfettamente che il compiacimento di chi ti osserva non ne fa parte. E’ un utile accessorio, serve un po’ a gonfiare l’autostima e molto a muovere l’indotto che ti paga da vivere. Ma lo sport è – appunto – serio: è fatica, è ossessione, è dolore, è felicità, è la ricerca talvolta patologica del risultato, del miglioramento personale attraverso la competizione. E’ apologia del successo ma anche della sconfitta. E’ soprattutto un’attività intima. E’ bello? Certo, e lo è per tutte queste ragioni. Il fascino dello sport non è estetico: è nel trasporto che trasmette, nelle scintille che sparpaglia sull’animo di chi non è capace di compiere quei gesti, con quell’audacia, astuzia, sacrificio.

Siamo tutti umarell di Messi che dribbla o delle demi-volée di Federer, di Valentino Rossi sul cavatappi di Laguna Seca, di Federica Pellegrini che tocca prima di tutti il bordo di una vasca. Ma presi dall’ansia di procurarci una via di fuga dalla noia, pagandola, siamo diventati clienti insopportabili di un’industria che contrabbanda un prodotto per quel che non è. E’ sport, non è intrattenimento. Può essere piacevole o meno, catartico persino, o terribilmente tedioso. In ogni caso non siamo noi, il pubblico, i protagonisti. Anche se ce l’hanno venduta così.

Nel 2022 c’è chi dibatte di Real Madrid-Liverpool e della trionfale stagione di Ancelotti in termini di forma. Perché per i canoni del “calcio di figura” (cit.), quello in cui si vince per alzata di palette manco fosse la ginnastica ritmica, l’appetibilità dell’esibizione va misurata in rosari di passaggi azzeccati, ritmo estenuante, tiri in porta. Le difese che non difendono fanno parte dello stesso progetto ideologico: opporsi è volgare, la modernità è fluida. Altrimenti davanti alla tv sbadigliano. E non sia mai.

Pensate che a Lendl, nella finale del Roland Garros del 1984 contro McEnroe, fottesse qualcosa della “qualità” del gioco che esprimeva? Qualcuno s’è mai sognato di rinfacciare a Borg il fastidio per quel suo tennis poco colorato, un po’ piatto, terribilmente efficace? Oggi invece pretendiamo di avanzare diritti in quanto clienti, illusi che anche lo sport possa piegarsi al ricatto della recensione negativa. “Che palle sto 0-0, ora li massacro su Tripadvisor”… tutto così: la dittatura del customer care. E’ lo sport, bellezza. Ma la bellezza non è uno sport.

 

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