A Sportweek: «Sto capendo che è inutile incazzarsi, si sprecano energie. Mourinho mi ha insegnato a mordermi la lingua: muto e in campo a lavorare di più»
Sportweek dedica una lunga intervista al giocatore della Roma Nicolò Zaniolo. Parla della stagione appena conclusa in giallorosso.
«Quest’anno è andato molto bene, dal punto di vista fisico ho avuto pochissimi problemi dopo due infortuni molto gravi ed era questo il focus. Era fondamentale non fermarsi, era fondamentale riprendere continuità, tornare a essere un calciatore e mettere dentro prestazioni come ho fatto. Era da folli pensare che tornassi in campo dopo due anni e riuscissi a fare 25/30 gol, sono contento di com’è andata, dei miei 8. Con trofeo. La Conference League era il nostro obiettivo e l’abbiamo portata a casa. Sono felicissimo».
Cosa buttiamo dalla finestra?
«Quei giorni in cui sono stato nervoso… perché la palla non entrava in porta, perché mi faceva il miracolo il portiere, perché avevo discusso con l’arbitro… Sto capendo che è inutile incazzarsi, si sprecano energie».
Chiede scusa per il gestaccio ai tifosi della Lazio nel derby.
«Quello è stato dettato anche dalla sconfitta che avevamo subito, che è stata una brutta sconfitta. Il derby di Roma è il derby di Roma. Se ho offeso qualcuno, chiedo scusa. Però fa anche un po’ parte dello sfottò con cui la città convive da sempre. E per me è finita lì in campo, dove si fanno cose che a mente lucida non faresti».
Il derby è una questione troppo importante nella Capitale.
«Ho un po’ rosicato ed è venuto fuori quel gesto. Chiedo scusa, ancora».
L’obiettivo è migliorare il self control.
«Esatto. Questo è un obiettivo che devo pormi per l’anno prossimo, smetterla di cadere in provocazioni inutili che non servono a niente».
Zaniolo è finito nel mirino anche per il video della festa della Roma, con il coro su Zaccagni
«Non mi chiedo più perché finisco sempre nelle polemiche. Penso a migliorare, quello che succede intorno è contorno e spesso non ha nessuna importanza. In campo alla fine ci vado io e la squadra. E quel che conta è vincere le partite non parlare. Ho imparato a non ascoltare, all’inizio non nego che ascoltavo parecchio e diciamo che un po’ mi toccavano le cose che si dicevano. Poi capisci che è meglio mettere i tappi e andare in campo a fare quello che devi fare. E che sai fare».
Parla di quanto lo hanno cambiato gli infortuni.
«Tanto, anche dal punto di vista umano. Mi hanno insegnato che bisogna sempre reagire con positività, che ti capiti una cosa bella o una brutta. Che bisogna avere equilibrio. Che serve la palestra, anche… Prima ci andavo perché me lo dicevano, oggi ci vado altrimenti non riesco ad allenarmi».
Mourinho lo ha messo spesso in panchina.
«Le decisioni del mister le accetto, perché… decide lui, anche se il derby avrei voluto giocarlo. Come volevo giocare a La Spezia, contro la squadra della mia città. Penso che tutti al posto mio avrebbero voluto giocare quelle due partite lì. Poi accetto le scelte del mister, se ha deciso così un motivo c’era, però un po’ l’amaro in bocca resta».
Parla dell’allenatore.
«Usa il bastone e la carota. È un vincente, non servo io a ricordare quello che ha vinto. E mi ha insegnato a entrare in campo nella fase difensiva, dove dovevo migliorare e devo farlo ancora. E mi ha aiutato a gestire certe situazioni: in passato avrei reagito male o peggio per l’esclusione da partite per me molto significative. Lui mi ha insegnato a mordermi la lingua: muto e in campo a lavorare di più».
Parla dello scudetto del Milan.
«Non mi aspettavo la corsa finale a due. Avevo dato più chance al Napoli, pensavo che arrivasse in fondo, ma è inciampato in un paio di passi falsi, e quelli li paghi. E se la Juve avesse vinto lo scontro diretto con l’Inter a Torino, avrebbe potuto rimettersi in corsa. Ma alla fine è stato giusto così, che se lo siano giocate Milan e Inter, perché quest’anno hanno dimostrato di essere davvero forti. E sono contento l’abbia vinto Ibra, il mio idolo. Ha riportato il Milan in alto, meritava questo scudetto».