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Il Foglio: Che fine hanno fatto tutti i nemici di Bearzot?

Sono spariti come in un film hollywoodiano d’antan che esige l’happy end. In questa parata di vecchi e giovani tromboni con una lacrima non c’è traccia della ragione del silenzio stampa più famoso della storia

Il Foglio: Che fine hanno fatto tutti i nemici di Bearzot?
Bildnummer: 01529564 Datum: 11.07.1982 Copyright: imago/Sven Simon Schlufljubel Weltmeister Italien: Nationaltrainer Enzo Bearzot wird von den Spielern gefeiert, u.a. mit v.li.: Giancarlo Antognoni, Claudio Gentile, Gaetano Scirea, Giuseppe Dossena (10), Fulvio Collovati (5) und Co Trainer Cesare Maldini; Endspiel, Vdia, quer, Trainer, Coach, Nationalcoach, Schlussjubel, Jubel, jubeln, Siegesjubel, Sieg, Sieger, Umarmung, umarmen, Emotionen, Schrei, schreien, Jubelschrei, Freudenschrei, Faust, F‰uste, Schultern, tragen, Assistent, Assistenztrainer, Weltmeisterschaft 1982, Nationalmannschaft, Nationalteam, Nationaltrikot, L‰nderspiel, Finale Madrid Mannschaftsjubel Gl¸ck Begeisterung, Freude, Fuflball WM Herren Mannschaft Totale optimistisch Randmotiv Personen

«Ma chi erano i cattivi?», la domanda del Foglio Sportivo, in un editoriale a firma Perrone. Sono «spariti come in un film hollywoodiano d’antan che esige l’happy end». Il riferimento è a Bearzot e alle celebrazioni della vittoria del 1982. Nelle rievocazioni, si legge, non c’è traccia della ragione di quel silenzio stampa, il più famoso silenzio stampa della storia. Il giornalismo non è più quello di un tempo, pare ci sia l’esigenza di «cogliere solo il lato positivo»·

Però che sfizio, presentarsi con un bel ritaglio e chiedere “scusa ma tu che adesso ti commuovi, guarda cosa scrivevi”.

«Che fine hanno fatto tutti i nemici di Bearzot?», si chiede l’editorialista. Che fine hanno fatto «in questa parata di vecchi e poco più giovani tromboni con una lacrima»?

Eugenio Fascetti prima del Mundial disse (come quasi tutti i commentatori/addetti ai lavori): “Mi vergogno di come Bearzot fa giocare l’italia”. Dopo l’undici luglio venne perfino squalificato per “lesa maestà”. Restò l’unico cattivo anche perché non cambiò idea, neanche tra lustrini, bandiere e partite a scopone presidenziali. Prosit Eugenio.

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