Al Messaggero: «Ritenevano gli 883 espressione di un mondo poco profondo e superficiale, eppure abbiamo cantato lo spirito di quegli anni»
Il Messaggero intervista Max Pezzali. Ieri, a San Siro, ha celebrato i 30 anni di carriera con il primo di due concerti
(si replica oggi) davanti a 60 mila persone.
«Le canzoni “Sei un mito”, “Gli anni”, “Come mai”, “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” sono state la colonna sonora degli Anni ‘90, forse l’ultimo decennio ottimista della storia recente, e oggi uniscono le generazioni».
Dice, eppure gli 883 sono sempre stati snobbati dal mondo radical chic.
«Per tanti sono un piacere inconfessabile. Però qualche intellettuale mi ha sdoganato in certi salotti. Il primo fu, in tempi non sospetti, Edmondo Berselli: riconobbe una dignità sociologica ai miei pezzi».
Sa che il critico Gianluigi Simonetti, esperto di Montale, ha dedicato un saggio alle canzoni degli 883?
«È l’ennesima soddisfazione. Chi ci criticava negli anni del boom veniva dalla stagione del grande cantautorato: non poteva essere entusiasta di quel mondo poco profondo e superficiale, attento solo agli amori e alle amicizie, alla provincia, cantato da noi. Eppure un verso come “Tappetini nuovi, Arbre Magique” è puro zeigeist: lo spirito del tempo di quegli anni».