Il dt della Bora-hansgrohe alla Faz: “Il ciclismo non è il calcio, è più complesso. Stiamo attenti a tutto, anche a non guardare i dati per non perderci il giorno più bello della nostra vita”

Il ciclismo è uno sport individuale, ma è uno sport di squadra. Uno sport in cui la squadra non “gioca” la sua partita contro un avversario, ma contro tutti gli avversari contemporaneamente. Su strade lunghissime, con i corridori in fasi spesso molto diverse, difficili da raggiungere. Al centro di tutto c’è l’ammiraglia, la macchina d’accompagnamento che gestisce, come un box marciante, praticamente tutto. A volte ci prova soltanto, a volte non ci riesce. E’ un mondo pressoché sconosciuto. Ne parla in una bella intervista alla Faz, Rolf Aldag, direttore sportivo della Bora-hansgrohe.
Spiega che “al mattino hai un incontro con gli autisti, dai una valutazione generale di ciò che accadrà, e poi c’è un piano e un’allocazione dei compiti. È lo stesso per tutte le squadre. Tuttavia, di solito accade che 19 tattiche su 22 vengano perse dopo dieci minuti di gara. Perché il ciclismo è molto complesso. È più chiaro nel calcio.(…) Il nostro compito in macchina è innanzitutto trasmettere le informazioni ai piloti via radio. Ad essere onesti, si tratta molto, e non tanto, di prendere decisioni”.
Dall’ammiraglia forniscono ogni tipo di informazione, persino sulla curva cieca che sta per fare il campione, come la dovrà affrontare. Se sbagli, “non puoi dire più tardi, scusa, ho confuso una svolta a sinistra con una svolta a destra. Mi dispiace davvero che tu abbia sbattuto contro il muro di quella casa”. “E’ rilevante se un’arteria è stretta o se ha 17 rotonde. Dobbiamo fornire ai corridori informazioni accurate sulla strada e sullo stato della gara. In situazioni molto frenetiche, i pro sono a volte abbastanza soli. Quelli esperti possono giudicare bene le situazioni di gara, prendono le proprie decisioni, che poi supportiamo al cento per cento”.
“Siamo in due in macchina. Uno guida e si concentra sulla strada, è super stressante. Il copilota si concentra sulla gara. Riceve messaggi WhatsApp dall’auto davanti, vede il profilo del percorso, ascolta Radio Tour, annota i numeri dei conducenti e ancora e ancora. Abbiamo un sistema di ricezione tv nell’auto che dovrebbe fornire immagini al passeggero. Ma non è abbastanza stabile. E lo streaming è sempre indietro di quasi un minuto. Negli ultimi cinque chilometri di una tappa non funziona più niente. Niente chiamate, niente WhatsApp, niente messaggi di testo, niente immagini in streaming. È sempre super frustrante”.
“Certo è più facile ragionare quando sei seduto in un’auto con aria condizionata con una frequenza cardiaca di 60 che su una bicicletta con una frequenza cardiaca di 180 e vedi qualcuno che guida in giro davanti a te e ce ne sono anche alcuni dietro di te”.
E’ complicato anche capire cosa dire e non dire ai corridori:
“L’analisi diretta dei dati fisici in gara non aiuta molto, almeno per quanto riguarda i dati sulle prestazioni. In seguito, certo. In gara è tutto molto più complicato. Non posso dire a un ciclista in una situazione difficile che in base ai suoi dati dovrebbe essere in grado di aggiungere altri dieci watt, quindi di aumentare potenza. Se sta già andando al massimo, in quel momento non è più possibile. E poi affidarsi solo a soglie e dati può significare perdersi il giorno più bello della propria vita. Perché ci sono anche giorni in cui sei migliore di quanto mostrano i dati. Andare in bicicletta non è come correre, dove tu dici ‘ora corro 2:58 minuti a chilometro, so che posso farlo, e se qualcuno passa, allora passa e basta’. Nel ciclismo, devi pedalare il più a lungo possibile. Perché se rallenti, resti indietro. Ecco perché è così importante essere vicini ai ciclisti in macchina per avere un’idea della gara”.