Che rivoluzione sia, per qualcuno arrivata anche in ritardo. I senatori hanno lasciato tutti per qualche dollaro in più: non c’è nulla di male ma va detto
FALLI DA DIETRO – PRESENTAZIONE DEL CAMPIONATO 2022-23
Il calcio riparte.
Nella pausa, le supercazzole di mercato si alternano alle promesse elettorali di politici dall’ego in perenne erezione in un’insalata rancida servita con reiterata spudoratezza a un paese sempre più citrullo e da sempre pronto a piegarsi al peggio.
Il calcio che riparte non darà l’illusione di riordinare le idee, ma almeno sarà un diversivo.
Un sorso di whisky per l’alcolista. La rosa dal gambo lungo per una signora ancien régime”.
Il calcio riparte. E riparte il campionato delle incertezze, proprio da dove ci ha lasciati.
Il triangolo cucito sulle maglie rossonere.
Per molti fu una sorpresa. Ma alla fine premiò la dirigenza più lungimirante e coraggiosa. Maldini e Massara hanno puntato sul programma a lungo termine, scommettendo sui giovani talenti sapientemente pescati da osservatori in gamba.
Il campionato delle incertezze riparte da loro.
Con una differenza in più rispetto allo scorso anno. Ora sono i Diavoli ad essere i favoriti.
Ebbene sì, arrischio. I pronostici li azzecca solo chi non li fa. E io arrischio.
Squadra fresca, giovane, armoniosa, consapevole. Schemi di gioco praticati con una semplicità sorprendente. Difesa tosta. La fascia sinistra più bella d’Europa. E poi il talentino belga in regalo.
Il pericolo più grosso viene da molto vicino, basta attraversare il Naviglio.
I Suninter magari mostrano di avere sulla carta qualcosa in più.
Il ritorno del belga, capolavoro di Marotta, promette la profondità che Lautaro non poteva garantire.
Ma l’addio di Perisic si farà sentire, perché non lo trovi più uno così, uno che propone gioco dagli esterni. E poi sui tifosi incombe il terrore dell’offerta parigina per Skriniar che – se arriverà – sarà una tragedia perché sarà un offerta che non si potrà rifiutare, visto i tempi e le casse dei proprietari cinesi.
Terzo incomodo per mille motivi – non tutti confessabili – saranno (anzi, dovranno essere) gli immancabili Ergastolani.
Intanto – per essere più credibili – hanno ingaggiato un nuovo dirigente. L’ex guardalinee Maggiani. Ricordate un lontano Catania-Juve e un incredibile gol annullato a Bergessio, archiviato come uno dei più grandi scandali arbitrali di sempre? Fu lui lo sbandieratore.
Terzo incomodo di dovere. Troppi due anni da comprimari. E’ tempo di tornare in vetta.
Ma così com’è la squadra appare incompleta. E molto più indietro rispetto alle milanesi.
Rinunciare alla Joya è stato un atto di coraggio, si vedrà chi avrà ragione.
Dentro vecchi campioni per il tutto e subito.
Il Polipo torna a Torino e subito si rompe. Maledizione.
Di Maria dal sinistro geniale pluricelebrato promette i cross che il serbo invoca per avere una qualche ragione di vita.
L’arrivo di Kostic garantirà i cross da sinistra per rimediare al progressivo spegnimento di Alex Sandro. Ma non è un esterno difensivo. Nel frattempo si aspetta che Federico sarà guarito.
Ma il guaio grosso è la difesa dopo l’addio del Nasone e la progressiva gnagnera di Bonucci.
Per sostituire De Ligh è stato chiamato il miglior difensore dello scorso anno. Ma quello è abituato alla difesa a tre, al gioco iperaggressivo di Juric, e poi è un destro. Ci vorrà tempo.
Insomma si annuncia il solito torneo privato ed esclusivo Milano-Torino.
Bagna cauda o polenta. L’eterna solita stucchevole minestra. Cercheranno di proporre qualcosa che sa di mediterraneo e di nuovo le stelle del Centro-sud.
Ognuna si è mossa con obbiettivi opposti.
Mou vuole risultati subito. Prossimo traguardo, l’ingresso in Champions.
La magica presentazione della Joya davanti al Colosseo Quadrato ha scaldato molti cuori, e sopito molte incognite.
Ma Friedkin non si è fermato lì. Quantità con Matic e ancora qualità con Wijnaldium che si somma a quella di capitan Pellegrini e di Nicolò Zaniolo.
A proposito, se resta sarà interessante vedere come evolverà la convivenza con il fantasista argentino. Ma se resta, per Mou lottare per lo scudetto sarebbe un obbligo, non un’ambizione.
Eccoci dunque alla beneamata.
A differenza dei cugini sangue-oro e in scia alle strategia dei Diavoli, gli azzurri hanno agito sul mercato pensando al futuro.
Che rivoluzione sia.
Per qualcuno arriva fin troppo in ritardo.
Perché era auspicabile fin dal 30 d’aprile di quattro anni fa, ovvero all’indomani di una certa sciagurata negligenza avvenuta in un maledetto albergo fiorentino.
O magari il 5 novembre dell’anno successivo, quando, in una notte ancora per molti aspetti misteriosa, lo spogliatoio azzurro si trasformò in un sedizioso Bounty.
O perlomeno l’altr’anno, dopo l’incredibile e mai chiarita perdita all’ultimo minuto del posto Champions, a favore, guarda un po’, del Piemonte.
Il capolinea è stato raggiunto un centinaio di giorni fa, alla seconda occasione-scudetto evaporata in un indescrivibile smarrimento collettivo.
Che rivoluzione sia.
Si sfilano l’azzurro in sincronia coreografica gli ultimi totem di un Napoli a tratti delizioso, a tratti memorabile. Totem che comunque lasciano una bacheca desolatamente vuota, a parte un paio di coppette rimediate dal più concreto dei mister succedutisi sulla panchina azzurra nell’ultimo decennio.
Lasciano tutti con un senso amaro di incompiuto. Come davanti a una tela di William Turner. Che non finiva mai veramente un quadro. Lui però per una ben precisa scelta artistica e poetica. Perché nulla è definitivo.
Lasciano tutti scegliendo ognuno l’addio secondo coscienza e sentimento.
Molto dignitoso quello del Pibe di Fratta. Ugualmente dignitoso e tenero ma un po’ alla chetichella quello dell’Imperatore Nero. Commovente e strappacore quello dell’Amore Nostro.
Tutti però animati da un comune obbiettivo. Qualche dollaro in più. Che non è un rimprovero, ma la constatazione dei fatti, buona anche a lenire la stretta al cuore.
Il Napoli ha imboccato la strada da perseguire che è poi l’unica possibile per una società strutturata su una proprietà pigmea costretta a competere con i colossi dell’industria e della finanza internazionale.
Lo scouting, l’individuazione di talenti giusti da valorizzare. Al diavolo le critiche palabratiche dei tifosi lontani dalla realtà.
Che rivoluzione sia.
In sostituzione arrivano ragazzi pressoché sconosciuti ma con un denominatore comune, a quanto si è visto nelle poche uscite durante il calcio d’estate, che si sa ha lo stesso valore di un accordo con Calenda.
La garra. Quella qualità purtroppo ignota ai nostri amatissimi prodi, che salutiamo con infinita riconoscenza.
Buona fortuna, amici. Nessuno dimenticherà il gol da trenta metri al Bernabeu, l’arrampicata fino alle nuvole di Torino per un’illusione vissuta lo spazio di una notte, le linguacce scugnizze, e anche quell’impagabile “tafh”, il suono del sinistro morbido e perfetto proveniente dalla sinistra.
Dei nuovi impressiona questo ragazzo della Georgia, che sarebbe affrettato e irriverente rinominare Kvaradona, ma che ha già entusiasmato per la facilità con cui salta l’uomo e punta la porta.
Ora spetta al Sor Cipolla. Pare abbia sbattuto i pugni sul tavolo. Un portiere di valore internazionale e quel Giacomino capace di ricoprire tanti ruoli e forse colmare con la sua pulita faccia d’angelo il vuoto che ha lasciato Ciro. Non so se lo ascolteranno. Quando il circo si spegnerà toccherà A lui il compito di ridisegnare un’idea di gruppo e di gioco che valorizzi al meglio tutti e soprattutto la furia agonistica di Osi che si propone come la vera star.
Vorrei dire anche delle ambizioni di Sor Polpetta e di Italiano.
Ma sono già imperdonabilmente lungo, e certo che quei due o tre che per devozione hanno iniziato a leggermi, li ho malauguratamente persi per sfinimento molte righe fa.
Mi fermo.
Non senza un’aggiunta.
“Vietato giocare a pallone in piazza”. Sono i cartelli apposti in contemporanea dai sindaci di due cittadine: Melendugno e Poggibonsi.
Immediata risposta dei giovani lucani.
“Criticate tanto la nostra generazione e poi ci togliete il pallone”.
Cui fa eco la più icastica provocazione dei coetanei toscani.
“E allora noi ci droghiamo!”
Impossibile non citare Galeano.
“Come spiegherebbe a un bambino che cosa è la felicità?”.
“Gli darei un pallone per farlo giocare”.
Buon campionato.