Non illudiamoci dopo questa amichevole: Gabbiadini è un signor giocatore, ma il Napoli ha ancora bisogno di altro (Icardi). E di Sportiello.
Napoli-Monaco è stata una partita bella, perché vinta meritatamente attraverso le caratteristiche ormai proprie di questo Napoli. Gioco, fluidità di manovra, intensità. Ciò che ha reso godibile la visione di questa squadra, per tifosi e neutrali. Noi del Napolista, nel sorriso generale del postpartita, abbiamo deciso di isolare due prestazioni, e quindi due calciatori, dedicandogli una breve analisi a caldo. Parliamo di Manolo Gabbiadini, noblesse oblige, e di Rafael. Un piccolo pezzo a testa in cui abbiamo sottolineato il buono, ci siamo rallegrati e sorpresi. Oggi, a freddo, siamo ancora concordi nel volerli esaltare per quanto fatto vedere ieri sera. Certo, c’è una distanza siderale tra un attaccante che realizza quattro gol e un portiere che fa poco più del suo dovere, ma lasciateci essere felici per entrambi: per l’ex Sampdoria, che – come scritto da Fabrizio d’Esposito nelle pagelle del match – «ne fa quattro, nonostante la pressione della premiata ditta Nara-Icardi. Quattro tiri e quattro gol, tutti diversi più la palla per il quinto di Allan»; per il portiere, rimasto a Napoli nonostante una stagione, giusto l’ultima, da zero minuti in campo.
Eppure, da ieri sera e anche stamattina, ronza nella nostra testa la mosca della coscienza: fu vera gloria? O meglio: queste due prestazioni, fantastica quella di Manolo e positiva quella di Rafael, fanno bene o fanno male al Napoli? Anzi, diciamola come si deve. Facciamo le persone dirette e trasparenti: non è che ora Gabbiadini diventa il centravanti del Napoli e Rafael torna a essere il portiere di riserva? La risposta è un’analisi da fare, ma è innanzitutto una sensazione che vogliamo esprimere: non si sa, ma è una (doppia) soluzione che fa un po’ paura.
Pure a noi del Napolista, quelli filosocietari e quindi degli acquisti ragionati, pensare a un Napoli che non investe più (versante centravanti) o non investe proprio (versante portiere di riserva) ci fa correre qualche brivido lungo la schiena. Pensiamoci insieme, ragioniamoci. E iniziamo dal punto più facile della questione: Rafael. Il portiere brasiliano, prima dell’infortunio (febbraio 2014), aveva ricoperto perfettamente il ruolo che il Napoli 2016 sta pensando di affidare a Sportiello. Subito dietro Reina, per imparare dal collega più anziano e giocare quando la condizione fisica non rispondeva ai comandi dello spagnolo. Una scelta lungimirante: Rafael sembrava un portiere dotato, un po’ eccentrico ma comunque in grado di poter crescere e migliorare fino alla maglia da titolare. Poi, all’improvviso, il lungo stop e la condizione mutata al suo ritorno: ecco l’addio di Pepe e le responsabilità della numero uno. Che diventano forse troppe, soprattutto in una squadra che non ha la stessa compattezza difensiva di oggi. Che lo espone a situazioni a rischio, che a loro volta diventano ancor di più difficili se ci aggiungi l’insicurezza derivata dal grave incidente e dall’improvviso carico di pressione. Rafael cede di schianto, a Palermo combina una frittata talmente grossa che persino Benitez deve deporre le armi. Dentro Andujar.
Ieri sera ci è sembrato di vedere il primo Rafael, quello che in un’amichevole estiva con il Galatasaray mostrò al mondo che il Brasile, forse, stava diventando pure un po’ terra di portieri. Ma, appunto, era un’amichevole. E lo era pure ieri sera. Non sappiamo quale Rafael sia quello vero, oggi, nel 2016. E non possiamo correre il rischio di presentarci a una stagione così piena di impegni con un Reina (ancora e sempre) a rischio forfait e un dodicesimo che non offre garanzie certe, assolute, totali. Il pericolo di altre Udinese-Napoli, quando Gabriel alternò il peggio possibile a un meglio effimero, è tangibile. E il gioco non vale la candela, neanche per il futuro: perché Rafael ha 26 anni, è ancora giovane per il ruolo di estremo difensore ma Sportiello lo è di più. E poi è più sicuro, ed è questa la keyword: sicuro. Il Napoli ha la possibilità economica e tecnica di acquistare la massima sicurezza per la stagione che sta iniziando. Non si faccia illudere da un’amichevole, non è il caso.
Diverso, più articolato, il discorso su Gabbiadini. Perché qui le doti aumentano, e quindi la keyword non è più sicurezza. Il “problema” Gabbiadini è declinabile attraverso due diciture: quella della adattabilità tattica e quella della carica emotiva. Abbiamo scritto e parlato di Manolo, in maniera pure abbastanza approfondita e severa, appena cinque giorni fa. Era il day after di Napoli-Nizza e titolavamo così sul futuro dell’attaccante azzurro, avevamo negli occhi una sua prestazione tutt’altro che entusiasmante: «Gabbiadini non è il centravanti di questo Napoli: meglio cederlo, per il suo e il nostro bene».
Oggi, riscrivere quel titolo uguale identico è molto complicato. Eppure, noi continuiamo ad essere d’accordo con noi stessi. Anche dopo ieri sera, dopo una bella quadripletta. Se proprio volessimo piegarci alla realtà e moderare un po’, diremmo di un Gabbiadini ancora a Napoli ma comunque accanto a un altro centravanti, presumibilmente e ipoteticamente Icardi (gli avverbi servono anche per alimentare le nostre speranze sul suo arrivo). La media gol, la bravura e le doti sicure dell’attaccante bergamasco scolorano quando riavvolgiamo nella nostra mente gli highlights delle partite vere dello scorso anno in cui Gabbiadini ha dovuto sostituire Higuain, e parliamo soprattutto della doppia sfida con l’Inter (Coppa Italia al San Paolo e campionato a San Siro) e del match contro il Villarreal. Una roba che è ben diversa da Napoli-Bologna, Napoli-Verona e da ieri sera aggiungiamo anche Napoli-Monaco. Un test vero contro una squadra da Champions, comunque incompleta e svagata perché con la testa alla Ligue 1 e al cammino europeo. Insomma, questa rondine non può fare primavera. Soprattutto quando c’è da sostituire uno come Higuain.
La conclusione è semplice, diretta quanto drastica: Sarri fa da garanzia, può essere rappresentato così perché il suo gioco è in grado di sopperire anche alle mancanze tecniche della squadra. E ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei calciatori. Però, l’abbiamo visto anche l’anno scorso, ci sono volte in cui non basta. Ci sono volte in cui il grande calciatore fa la differenza, e se per il cambio Sportiello to Rafael la qualità sarebbe oggettivamente maggiore, un eventuale Icardi to Gabbiadini significherebbe mettere dentro uno più avvezzo al contesto tattico. E forse anche emotivo. Un rischio economico, certo, ma che riaccenderebbe pure una piazza che ci sembra ancora lontana dall’aver dimenticato l’avvilimento. Poi, per carità, magari ci sbagliamo e Manolo mette dentro 37 gol. Ma il passato dice altro, e le rassicurazioni sono ancora poche.
Quindi, diciamolo a chiare lettere: caro Napoli, provaci comunque. Per Sportiello, per Icardi. I cavalli di battaglia del Napolista in questo (tardo) mercato 2016. Non farti buttare fumo negli occhi da una sola partita, migliorati lì dove serve per davvero. Fai il possibile, almeno. Al massimo, male che sia andata, dopo ti ritrovi due giocatori che sembrano essersi ritrovati in una sera d’estate durante Napoli-Monaco. Sarebbe già e comunque qualcosa, ma sarebbe comunque, forse, troppo poco.