A Il Messaggero: «Continuano a darmi del raccomandato perché sono il figlio di Barbara Bouchet. Io che mi faccio un gran culo da una vita. Ridicolo».

Il Messaggero intervista Alessandro Borghese. Da domani, su Tv8, sarà in onda il suo “Celebrity Chef”. In primavera hanno destato scalpore le sue dichiarazioni sui giovani che non hanno voglia di sacrificarsi. Ha anche detto che all’inizio di un percorso professionale si può anche lavorare senza essere pagati. Ha appena aperto un nuovo ristorante a Venezia, parla ancora delle difficoltà nel reperire il personale.
«Non è stato facile. Ho fatto tantissimi colloqui. Tanti dicevano di essere in un modo e poi erano tutt’altro. Alcuni hanno iniziato e dopo poco tempo hanno mollato. Il mondo del lavoro oggi è così. Nella ristorazione è cambiato tutto, i ragazzi hanno esigenze diverse rispetto al passato, che io cerco anche di capire. Parlo di orario, formazione, facilitazioni sanitarie. Di sicuro è e resta un lavoro molto impegnativo che si fa la sera, il sabato e la domenica, le feste comandate… Si deve sceglierlo per passione e non solo per soldi, che per fortuna ci sono e non sono pochi».
Quanto guadagnano i suoi collaboratori?
«Dipende dalle mansioni e dal curriculum. Conta quello che uno sa fare: se uno mi dimostra il suo valore, io glielo riconosco. Ma non si possono avere pretese senza essere all’altezza».
Ripeto: quanto?
«Da un minimo di 1400-1500 euro per un lavapiatti fino a 3-4 mila e oltre. Sono cifre in linea con il mercato dei ristoranti di un certo livello».
A 18 anni lasciò casa per andare a lavorare per tre anni sulle navi da crociera, gratis.
«Solo per i primi sei mesi ho avuto vitto e alloggio e basta. Poi, superata questa prima fase, hanno cominciato a pagarmi come gli altri. È così ovunque. Vale per tutti. Gli avvocati praticanti all’inizio prendono soldi? Non mi risulta».
Il pregiudizio più frequente sul suo conto?
«Sempre lo stesso: faccio tanta tv perché sono il figlio di Barbara Bouchet. Sono un raccomandato. Io che da solo mi faccio un gran culo da una vita. Ridicolo».