Anche L’Equipe gli dedica un pezzo aneddotico. Le sue “pagliacciate” sono un messaggio politico: «voglio essere l’allenatore che mi sarebbe piaciuto avere»
“Da noi vengo considerato un clown“. Che piange, infatti, come nelle maschere più azzeccate. Come un Joker, ma senza la deriva psicotica. Pozzecco è più che altro un nervo scoperto, un’emozione in trasparenza, irrimediabile. E il suo ritratto funziona al di là della cronaca spicciola. Oggi agli Europei di basket l’Italia del miracolo contro la Serbia ne prova un altro contro la Francia. Tecnicamente meno appariscente, ma persino più complicato per una serie di ragioni di cui al momento non frega quasi a nessuno. Perché, appunto, parlano tutti della precedente impresa. E del Poz.
Il Poz che si fa espellere in lacrime, quello che viene vendicato dai suoi uomini in campo. Che poi sfonda la barriera razionale del suo staff per rientrare in campo e farsi stoppare da Melli, che in quel momento stava murando Jokic e avrebbe fermato anche l’avanza russa a mani nude. Il Poz che salta in braccio ad Antetokounmpo. Il clown, insomma.
L’Equipe oggi gli dedica un lungo pezzo, in mezzo ad un approfondimento sulla grande rivalità Francia-Italia. Ed è la trasposizione oltralpe del “noi” di cui parlava Pozzecco: non solo noi lo vediamo come un clown, anche loro. Anche all’estero, le sue “pagliacciate” sono virali. Perché rompe gli schemi, è alternativo all’imposizione seriosa che i ruoli – alcuni soprattutto – impongono come un’etichetta. Spezza il nostro legame con le sicurezze, persino: fai il ct e abbi contegno. È una visione della vita che spegne alcune luci, ne mette in ombra i limiti per non farsi attrarre dalla leggerezza (che per alcuni è pesantissima) ma anche dal senso di vuoto delle cadute.
Di mille video su Pozzecco di cui Youtube trabocca ce n’è uno in cui il Ct chiede alla squadra di indovinare la statistica in cui l’Italia primeggia (e mette in premio 40 euro per chi imbrocca la risposta). “La difesa”, indovina Tessitori (che si becca i soldi). “Bene – replica lui – allora difendiamo, e divertiamoci in attacco”.
E’ questo il motivo per cui Spissu, quello che gli bacia la testa accompagnandolo fuori contro la Serbia, prima di segnare cinque triple di fila – Spissu, non Curry… – poi dirà:
“Possiamo solo amarlo, ma dobbiamo difenderlo dalle sue emozioni”.
“Le vittorie – dice Pozzecco – nascono da un percorso, e da una domanda: come voglio vivere? Avere un giocatore che mentre esci viene e ti dà un bacio e ti dice “la vinciamo per te”? Io voglio vivere così“.
L’Equipe anche banalmente racconta della carta di credito ceduta ai giocatori per festeggiare, della sua carriera da giocatore “atomico”, di quei capelli tinti di rosso “sostituiti da un taglio più pudico, ma il tocco di follia è ancora lì”. Del suo mantra: “Voglio essere l’allenatore che mi sarebbe piaciuto avere”.
E lui, quell’allenatore che si fa espellere nel bel mezzo d’una contesa durissima, lo avrebbe solo amato. Gli avrebbe baciato la testa come ha fatto Spissu. E avrebbe cominciato a infilare canestri su canestri trasformando un ottavo degli Europei in una “campana” al campetto con gli amici. La follia indotta è una pozione magica. Se funziona è un’eruzione pliniana. Non è “buffo”, Pozzecco. Il suo è un messaggio politico: rischia, godi, piangi, ridi. La continenza è un tappo.
Se l’Italia fosse crollata, dopo la sua espulsione, adesso staremmo facendo la rassegna stampa del necrologio professionale del fu ct Pozzecco. Ma la vita – quella che Pozzecco s’è disegnato a sua immagine e somiglianza – prevede continuamente salti nel burrone. Deviazioni improvvise, scarti. Fa parte del divertimento. Divertiamoci. Ma non come i clown, no, quelli piangono davvero.