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Vicario: «Con Meret il legame è forte. Siamo orgogliosi l’uno dell’altro»

Al CorSera: «Noi portieri di Udine abbiamo un legame di terra che ci portiamo dentro involontariamente. Alex ha fatto tutto il settore giovanile».

Vicario: «Con Meret il legame è forte. Siamo orgogliosi l’uno dell’altro»

Il Corriere della Sera intervista il portiere dell’Empoli e della Nazionale Guglielmo Vicario, uno dei migliori portieri in Serie A, al momento. Nato a Udine e cresciuto nell’Udinese, come il portiere del Napoli Alex Meret, a cui è molto legato.

Racconta la sua esperienza all’Empoli.

«Questa è una famiglia a tutti gli effetti. Tutti lavorano nella stessa direzione con grandissima professionalità. È questo il nostro segreto: fare. E fare più degli altri, senza risparmiarsi mai. Talvolta bisogna superare il limite per sconfiggere le proprie paure, e qui a Empoli tutti sono magistrali. È un’esperienza fantastica che mi sto godendo al 100%».

Ed è anche grazie all’Empoli se si è conquistato la Nazionale.

«Un’emozione fortissima. Poter entrare a Coverciano e confrontarmi con grandissimi campioni mi ha entusiasmato. Poirespirare l’ambiente e vincere due partite così, conquistando la testa del girone di Nations League… una prima esperienza ottima».

Cresciuto nell’Udinese, con Meret, Provedel, Scuffet. Parla del portiere del Napoli.

«Alex il settore giovanile lo ha fatto veramente tutto, penso abbia iniziato a 10 anni arrivando in prima squadra. I nostri sono legami forti. Ciascuno è orgoglioso del percorso dell’altro. La maglia azzurra poi amplifica ancora di più questa unione. Con Provedel abbiamo spesso giocato contro: io al Perugia e lui alla Juve Stabia, l’anno scorso in Empoli-Spezia. Abbiamo un legame di terra che ci portiamo dentro involontariamente. Ora, con la possibilità di incontrarci in Nazionale, abbiamo pure condiviso la stanza».

Vicario come ci è finito in porta?

«Ho iniziato a tirare i primi calci al pallone a 3–4 anni, andavo allo stadio a Udine la domenica. Il ruolo del portiere viene snobbato dai bambini, tutti vogliono fare gol, e ho visto in questo una sfida: mi sono messo dall’altro lato e la mia soddisfazione era non fare segnare gli altri. È nata così, poi arrivato a undici anni mi sono sentito a mio agio tra i pali e ho scelto definitivamente».

 

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