“Haaland fa quello che vuole per un club che fa quello che vuole, di proprietà di uno Stato che fa quello che vuole: una lezione sull’impunità del potere”
Non volevamo solo partecipare alla festa del gol di Haaland, volevamo vederla fallire. Se Jonathan Liew sapesse (magari lo sa) chi è Jep Gambardella accetterebbe che è questo il senso del suo editoriale sul Guardian sul super-mega-bomber del City.
“Per quanto tempo – si chiede Liew – dovremmo continuare a rimanere a bocca aperta e ad ansimare per questa cosa? Quale sarà il livello appropriato di riverenza convulsa quando Haaland lo farà ancora, diciamo, nel 2025?”.
C’è una folla là fuori in attesa che la smetta, Haaland. Speravano “che Haaland fallisse nel calcio inglese”. “È lo stesso motivo per cui amiamo le storie di ex vincitori della lotteria che finiscono per divorziare, o precipitare nella follia, o sperperare l’intera fortuna in abiti e alpaca. Volevamo vederlo pagare una sorta di prezzo per vincere così visibilmente la tombola del talento, per estrarre qualche scheggia fugace di fragilità umana, qualche attrito; qualsiasi attrito”. Ma niente.
La descrizione dell’ultimo gol di Haaland in campionato è stupenda. Liew racconta cosa succede al povero difensore del Brighton, Adam Webster, che si ritrova contro di lui nell’uno contro uno:
“Webster semplicemente… esplode. La forza da cartone animato dell’impatto lo fa cadere non solo disteso, ma poi scivola per diversi metri – a faccia in giù – sul tappeto erboso. Webster è un metro e novanta. È bravo. Fa questo per vivere. Ma qui non è altro che un detrito umano, un giocattolo della fisica newtoniana, un piatto di cupcakes sul percorso di una Range Rover”.
Scrive Liew che il fenomeno Haaland genera due reazioni: una interna al City, l’altra esterna. Quella “più intrigante è la reazione dall’interno del City: una squadra di pari ora si confronta con un giocatore così vigorosamente diverso e migliore, un allenatore che lentamente si rende conto che questa non è affatto la sua squadra, ma la squadra che viene costruita per quel ragazzo. Lo vedi nel modo in cui i centrocampisti del City si aggirano cercando di fare spazio a lui, diffidenti nell’avvicinarsi troppo, con chiacchiere furtive a bordo campo per condividere appunti. Cos’è questo ragazzo? Cosa vuole? Si ferma a colazione?”
“Per ora Haaland sta facendo quello che vuole, per un club che sta essenzialmente facendo quello che vuole, di proprietà di uno Stato che, sia che estingua la libertà di parola o che mostri solidarietà con la Russia di Putin, fa semplicemente quello che vuole. Forse questo è il vero significato di Haaland al City: una lezione mozzafiato sull’impunità del potere“.