Al CorSera: «Vengo da una famiglia poverissima. Con i primi guadagni accompagnai mamma a estinguere i debiti dai negozianti».

Il Corriere della Sera intervista Fausto Leali. A 78 anni ha 13 partecipazioni a Sanremo all’attivo. La sua canzone più celebre, “A chi” ha vinto 4 dischi d’oro e venduto 4 milioni di copie. Dice che ancora non gli è venuto a noia cantarla.
«No, la canto sempre volentieri, alla fine di ogni concerto, ci sono affezionato. Capirai, con quel singolo mi ci sono comprato una Jaguar e la villa in Brianza, che poi nel 1985 ho venduto perché mi sono separato: sa, quando si cambia moglie di solito si cambia pure casa».
Racconta la sua infanzia: è nato a Nuvolento, in provincia di Brescia. Suo padre era un fabbro. La sua famiglia era poverissima.
«In guerra aveva perso una gamba, amputata appena sotto il ginocchio. Ogni mattina si allacciava la protesi con delle stringhe di cuoio e montava in bicicletta per raggiungere la bottega, 15 km a andare e 15 a tornare, dodici ore in piedi,
quando la sera rientrava a casa la cicatrice gli sanguinava. Ma eravamo sei figli, io il terzo, famiglia poverissima, per farci trovare in tavola qualcosa da mangiare mamma Caterina metteva tutto in conto al panettiere e al fruttivendolo e poi a fine mese pagava quello che poteva. Le medicine si compravano se proprio necessarie. Per fortuna in cortile avevamo qualche gallina per le uova».
A 11 anni se ne andò a lavorare, prima come apprendista in officina, poi, dopo il trasferimento a Brescia, come garzone del salumiere.
«Facevo il garzone dal salumiere, portavo la spesa in bici, mi pagava mille lire alla settimana. Per premio mamma mi regalò la prima chitarra, un modello economico, avrà firmato trenta cambiali. Ero già bravino a cantare, sperava che facessi fortuna. Imparai tre accordi e cominciai a suonarla. Vinsi pure il Microfonino d’Oro, un premio messo in palio dal parroco, uno spillino piccolo piccolo eh. Anni dopo i ladri mi hanno portato via pure quello».
A 14 anni ottenne il primo ingaggio come professionista nell’orchestra di Max Corradini.
«Ci esibivamo tutti i sabato sera tra il Mantovano e la Bassa bresciana. Lo zio Sandrino mi accompagnava a prendere la corriera per Acquanegra sul Chiese, dormivamo in osteria, con la “monaca” di terracotta a scaldare il letto, un catino per lavandino e, sotto, il vaso da notte. D’estate invece ci si spostava a Loano su un furgoncino Fiat, tre davanti e quattro dietro, gli strumenti nel carrettino a rimorchio, con il contrabbasso che spuntava dal telone».
Tremila lire al giorno più le spese.
«Ogni venerdì andavo in posta accompagnato dal capo orchestra per fare il vaglia da mandare a casa. Con quei soldi mamma si è comprata il frigo e la tv».
Nel 1961 incise il suo primo 45 giri, con lo pseudonimo Fausto Denis.
«Un’idea del ragionier Gigi Piras, impresario discografico che venne conoscere i miei genitori: “Non vi offendete, ma Leali suona male. Meglio Denis”. Era sardo, fissato con i cognomi con la esse, aveva ribattezzato pure Tony Renis».
Presto Leali iniziò ad esibirsi nei più bei locali di Italia.
«Trentamila lire a sera, quando un impiegato ne prendeva 80 mila al mese».
Un capriccio appagato con quei soldi?
«Una Fiat Ghia 2500 verde bosco, c’era solo quella dal concessionario. E dissi a mia madre: “Ora vieni con me e andiamo a pagare tutti i debiti con i negozianti”. Dopo un anno comprai una Ferrari di seconda mano del ’58, ma aveva un difetto: andava a 11 cilindri anziché 12. Così l’ho ridata indietro per una 124 special. Avevo fretta, mi aspettavano a Napoli per uno spettacolo».
Un suo grande amico è Francesco De Gregori, con il quale, nel 2016, ha inciso «Sempre e per sempre».
«Coppia insolita, perciò funziona. Ci siamo conosciuti in un albergo di Acireale, avevamo due coriste in comune. Chiacchierando mi ha raccontato che A chi è una delle sue canzoni preferite, che la canticchiava spesso, infatti poi l’ha anche incisa. Ogni tanto mi invita a mangiare a casa sua, cucina lui, è bravissimo, specialmente con il pesce.
Ci facciamo matte risate, è un simpaticone, non con tutti, certo».
E ha duettato pure con Claudio Baglioni.
«Nel 2010 mi ha invitato a Lampedusa per O’Scià, divertente, pieno di idee, un poeta. E che atleta: come niente sifa 3 km a nuoto in mare, io al massimo due vasche da 25 metri e poi rantolo».