A Marca: «Per anni ho combattuto ogni fine settimana contro me stesso, davo più importanza a ciò che la gente pensava e diceva di me. Oggi sono felice»
Marca intervista Alvaro Morata, attaccante dell’Atletico Madrid e della Nazionale spagnola. La Spagna ha battuto il Costa Rica 7-0 al Mondiale. La prossima avversaria sarà la Germania, stasera.
«Sono molto felice, ma è già passato. Ora inizia il nostro vero torneo».
La Spagna è così forte come è sembrata contro il Costa Rica? Morata non ha dubbi.
«Sì, lo vediamo in allenamento. All’Europeo prima di iniziare avevamo più dubbi, qui sappiamo tutti cosa dobbiamo fare, sia chi parte titolare sia chi entra in corsa. Si vede subito quando il gruppo sta bene».
Luis Enrique ti aiuta a farti credere nelle tue possibilità?
«Sì, soprattutto con la sua personalità. Ci sono momenti in cui scherza con noi, ma ci aiuta sempre nei momenti buoni e in quelli cattivi. In quelli cattivi, fa sentire quelli che non giocano allo stesso modo o anche più importanti di quelli che giocano».
Per Morata non fa differenza giocare titolare o entrare in corsa.
«A me non importa. Sono al Mondiale, ognuno di noi deve aggiungere qualcosa alla squadra. Quelli di noi che sono più anziani hanno un sacco di responsabilità di prendersi cura di e motivare quelli che sono più giovani. Parlo molto con chi è più giovane: con Nico, con Ansu o con Yéremy. Abbiamo molte funzioni, non si tratta solo di essere un antipasto o un sostituto. Siamo tutti uno».
Nella Spagna «si respirano solo cose positive», dice Morata. E torna su quanto lo ha aiutato Luis Enrique l’anno scorso.
«Molto. E’ difficile da spiegare. Si è fidato di me nel momento più difficile, non solo nella mia carriera perché ho avuto altri momenti brutti, anche nella mia vita personale. Sentivo di avere un intero Paese contro di me, era una situazione molto difficile e lui mi difese contro tutti. Tutto quello che sto cercando di fare è restituirgli quella fiducia e tutto ciò che ha fatto per me».
Qual è stato il momento in cui l’hai sentito più vicino?
«Ho avuto molti momenti, ma se devo sceglierne uno è stato il giorno prima della seconda partita, contro la Polonia. Ero nel corridoio in attesa, perché era il mio turno di parlare in una conferenza stampa. Mi sono alzato e non avevo nemmeno voglia di guardare il mio cellulare, ho solo parlato con mia moglie, i miei genitori e i miei figli. Sono andato alla conferenza stampa senza voler parlare. Stavo aspettando e l’ho sentito dire: “Morata e altri dieci. È stato allora che ho capito che non dovevo solo pensare al campo, che dovevo dare tutto e che quando sono cambiato nelle partite dovevo sentirmi morto».
Siamo di fronte al Morata più felice?
«Sì, sicuramente. Sono probabilmente il Morata più felice della mia carriera».
Cosa ti è piaciuto di più della Coppa del Mondo finora?
«Sicuramente vedere selezioni di cui forse a priori nessuno si fidava, come l’altro giorno l’Arabia Saudita: l’organizzazione, il carattere, sapevano cosa fare con la palla… Ovviamente non mi piace vedere alcuni dei miei compagni soffrire perché hanno perso in quella partita, ma come appassionato di calcio è stato sorprendente e una grande partita».
Ti vedi come un allenatore quando smetterai di giocare?
«No, non mi piacerebbe per niente. Resterò sicuramente legato al calcio, ma penso che mi piacerebbe di più essere un agente e essere in grado di aiutare le persone in modo che non facciano gli stessi errori che ho fatto io e aiutarli a capire che non tutto è calcio nel calcio».
Qual è la cosa peggiore che tu abbia mai fatto nel calcio?
«Combattere ogni settimana e ogni fine settimana contro me stesso. Quando devi dimostrare a te stesso che dai più importanza a ciò che la gente può pensare o dire di te, vuol dire che lo stai facendo male e finisci per soffrire. È ancora più difficile quando devi combattere contro te stesso e contro tutte le circostanze che ti circondano».
Con l’età sei migliorato molto, sei diventato quasi un’altra persona.
«Certo. Se non migliorasse con l’età, saremmo fottuti».