Lotito è il gran cerimoniere, i partiti sono d’accordo. L’unica voce in dissenso è Renzi. Il calcio si mobilita solo per difendere sé stesso: dai falsi in bilancio alle tasse
Il calcio italiano si sta rintanando nella fortezza del “tutti colpevoli, nessun colpevole”. L’ancien regime del pallone si è riunito stamattina nel Salone d’Onore del Coni, con le principali istituzioni – Gravina, Casini, Malagò, il ministro Abodi – intervenute alla presentazione del codice di “Giustizia Sportiva Figc”. È stato tutto un “ci vuole cautela”, “la Juventus non è l’unica responsabile”, una difesa dei propri privilegi e – come nel caso di Gravina – un tentativo di occultare le proprie gravissime lacune nell’attività di controllo. Ogni qual volta il mondo del calcio e dello sport si muove, è solo per tutelare sé stesso. Per assicurarsi i voti, per dirla alla De Laurentiis.
Dispiace che anche il ministro Abodi si sia rapidamente accodato nonostante chi lo conosce bene assicura la sua diversità rispetto al sistema. Vale per l’inchiesta Juve e anche un altro scandalo che sta impunemente andando in scena nei palazzi della politica: la questione tasse e aiuti governativi al calcio. Il tentativo del calcio – l’ennesimo – di sfuggire alle proprie responsabilità. Nel silenzio assoluto del mondo politico che si è fatto dettare la linea da Lotito, c’è voluto Matteo Renzi per ascoltare finalmente dichiarazioni di buon senso:
«Se nel primo atto di bilancio del Governo ci sarò una misura che dia sostegno alle società professionistiche di calcio dopo tutte le schifezze che alcune, e non soltanto una di loro, hanno fatto, è assurdo. Trovo scandaloso che in una manovra che aumenta il costo della benzina e delle sigarette, i soldi vengano dati alle squadre di calcio di serie A perché hanno problemi di bilancio, anziché dire loro “imparate a gestire i budget, prendete esempio dalle grandi imprese internazionali, prendete più soldi dai diritti televisivi”. Per me è uno scandalo assoluto. Capisco che il calcio porta voti. Capisco che molti editori hanno una squadra di calcio. Ma dare i soldi alle squadre di serie A è una vergogna assoluta. Quei soldi diamoli alle società che fanno sport con i giovani, diamoli ai volontari, diamoli alla cultura. Non diamo neanche un centesimo alle società di serie A».
Chiaro, perfetto, e sottoscrivibile con il sangue. Non abbiamo ascoltato nulla di simile da altre forze politiche, men che meno dal Pd che è in piena fase di autocoscienza ed evidentemente non ha il tempo di pensare che cosa accade al di fuori delle mura che ospitano le proprie riunioni. Al di là di Renzi, il silenzio delle forze politiche è stato assordante. Abodi compreso.
I fatti sono molto semplici. Il calcio italiano ha un debito col fisco, i club di Serie A hanno un debito col fisco. E vogliono spalmare il debito, chiedono la rateizzazione del debito. E fin qui, siamo nella norma. Ma il calcio non vuole pagare gli interessi su questo debito. Cioè i club di Serie A vogliono – e i partiti politici sono disposti a concederlo – che questi interessi vengano pagati dalla collettività. Gli interessi sulle mancate tasse per Milinkovic, Bremer e compagnia dovremmo pagarli noi cittadini.
Il tutto orchestrato da Claudio Lotito presidente della Lazio che guarda caso è uno dei club che ha il debito più alto col fisco (40 milioni di euro per Irpef non pagate). Il Fatto quotidiano scrive che il club col debito più alto è l’Inter con 50 milioni di euro, poi la Lazio a 40, la Roma con 38. La Juve 30 milioni, il Napoli (25), la Fiorentina 15 e il Milan 10.
Il presidente della Lazio, da vicepresidente della Commissione Bilancio al Senato, ha condotto un’operazione classica della politica italiana, ha messo d’accordo tutti i partiti e ha confezionato gli emendamenti. Definirlo conflitto d’interessi è poco ma, si sa, in Italia l’unico conflitto d’interessi che creava scandalo riguardava il signore di Arcore.
Va aggiunto che uno dei cavalli di battaglia del sistema calcio è che l’azienda del pallone non ha ricevuto aiuti governativi a differenza di altri settori. Il motivo è molto semplice e riguarda il cosiddetto fallimento di sistema. Possono esserci settori – diciamo la lirica ma giusto per fare un esempio – che hanno una rilevanza culturale e che senza aiuti statali sparirebbero. Questo non è il caso del calcio. In questo caso siamo soltanto di fronte all’ennesimo esempio di mala gestio che vuole essere messa in conto agli italiani. I presidenti di Serie A non sanno gestire i loro budget e ottengono della politica che a pagare per loro siano i cittadini. Siamo fuori dal mondo. In un Paese civile non ci sarebbe neanche da discuterne. In Italia invece quasi nessuno ne parla. Ed è probabile che accada. È il motivo per cui ogni tanto, ciclicamente, scoppiano i presunti scandali. Presunti nel senso che non sono affatto scandali, come quello delle plusvalenze: tutti sapevano, i quotidiani facevano a gara a elogiare i club, per poi scoprire che si tratta di pratiche da falso in bilancio.
È il sistema italia. È il sistema calcio italiano. Vale per le plusvalenze. Come per le tasse.