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Sacchi: «Non è vero che io e Vialli litigammo, lui prese un’altra strada»

Alla Gazzetta. L’Arrigo nega un tema che tenne banco per anni. Parla di «motivazioni personali che gli fecero prendere un’altra strada»

Sacchi: «Non è vero che io e Vialli litigammo, lui prese un’altra strada»
Db Pisa 16/02/2015 - finale torneo di Viareggio / Inter-Hellas Verona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Arrigo Sacchi

Sacchi: «Non è vero che io e Vialli litigammo, lui prese un’altra strada»

Se un lettore o un telespettatore volesse sapere qualcosa della carriera di Vialli, di certo non potrebbe farlo in questi giorni. Per motivi inspiegabili, sono stati trascurati passaggi fondamentali della sua vita calcistica tra cui il controverso rapporto con la Nazionale, il fallimento dei Mondiali del 90, la rottura con Arrigo Sacchi. Non parliamo della vicenda doping, delle accuse di Zeman e delle sue risposte. Tutto completamente rimosso.

Arrigo Sacchi decide di iscriversi in questo filone e oggi alla Gazzetta nega quel che era noto a tutti e si cui si scrisse per mesi all’epoca. Qui, ad esempio, un articolo di Repubblica. La Stampa nel 95 ricostruì l’ultima convocazione di Vialli in Nazionale, con lo scherzo del Parmigiano. Un tema che tenne banco per anni. E di cui Vialli ha sempre parlato pubblicamente, come ricorda anche oggi Franco Ordine sul Giornale:

La spiegazione è nota: i rapporti tempestosi con Sacchi e il suo vice Ancelotti. «Ho detto loro che non condivido i metodi di allenamento» confessò Gianluca pubblicamente.

Oggi, sulla Gazzetta, Sacchi nega. Solo parole d’amore per l’ex calciatore scomparso.

Poi c’è stato il periodo della Nazionale e lui decise di non vestire più la maglia azzurra. Si sono dette tante cose, in quei giorni, persino che io e lui avessimo litigato. Niente di vero. Semplicemente Vialli aveva delle motivazioni personali che gli fecero prendere quella strada, e io quelle motivazioni le ho sempre rispettate.

Ricorda poi quando lo avrebbe voluto al Milan ma Vialli rifiutò.

che nemmeno

Telefonai a Vialli e lo invitai a casa mia, a Fusignano, per una cena. L’appuntamento saltò, ma ci parlammo al telefono. Gianluca fu molto sincero. Era lusingato dall’offerta, ringraziava Berlusconi, però aggiunse: «Preferisco essere un protagonista in provincia che uno qualsiasi in città». Tentai di convincerlo. «Gianluca feci -, ma tu hai tutto per essere un protagonista anche in città». E cominciai ad elencargli gli obiettivi, i progetti, i sogni che avevamo e dei quali avremmo desiderato che lui facesse parte. Niente, non ci fu nulla da fare. Lui scelse di restare alla Sampdoria, perché in quell’ambiente si sentiva in famiglia.

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