Contro il Bologna, il pelo nell’uovo è stato Reina. Ha incassato un gol parabile, come lo scorso anno. Sarri giustamente lo difende.
Il pelo nell’uovo. Come dopo Kiev, il centrocampo. Ieri sera, ci dispiace assai, Pepe Reina. Una macchia grave, gravissima. Non ce ne voglia, l’amico Pepe, ma ieri sera ha tradito la fiducia che si era conquistato tra Kiev e primo tempo del match col Bologna. Il Napoli è una squadra che concede pochi tiri pericolosi, ha un dispositivo difensivo che funziona e quindi limita di molto gli attacchi avversari. In questo inizio di stagione, i gol subiti non sono pochissimi (6 tra campionato e Champions), ma 4 sono arrivati nelle prime due partite dell’anno, a causa di una condizione non ancora ottimale ma diciamo deficitaria.
La fiducia conquistata da Reina, dicevamo. Non aveva fatto ancora errori, anzi era stato bravissimo a Kiev su Sydorchuk e poi bravo ieri sera, in apertura di partita, sulla bella coordinazione in area dell’ex compagno Dzemaili. Due interventi importanti, salva-risultato, e pure nessuna colpa specifica sul gol di Garmash. Insomma, aveva fatto il suo. Poi è arrivato Verdi, che ha tirato da 35 metri circa. E ha tolto un po’ di polvere dal ricordo poco edificante del Reina dello scorso campionato, quello che nacque dopo Bologna-Napoli 3-2 (i casi del destino). Un portiere presente, determinante quando si tratta di gestire la difesa. Distratto, disattento, diciamo pure assente quando si tratta di intercettare le conclusioni da lontano degli avversari verso la porta del Napoli.
Un veloce rewind dei gol subiti lo scorso anno: Rigoni in Napoli-Chievo, Rincon in Napoli-Genoa, Nainggolan in Roma-Napoli. Tutti tiri da fuori, tutti parabili. Diciamo non irresistibili. Cui aggiungiamo il pallonetto di Bruno Peres alla penultima a Torino, altrettanto leggibile e quindi letto male. Insomma, i precedenti non mancano. Che, bisogna dirlo, quest’anno non si erano ripetuti se non in una minima parte su Niang: più che un tiro da fuori, quello del francese del Milan era un diagonale su cui bisognava andare a terra più velocemente. Non ce la sentiamo, con tutta sincerità (tra l’altro in un pezzo che è critico sul portiere spagnolo), di attribuire colpe particolari sulla saetta di Suso, sui due gol di Pescara, su quello di Kiev.
Certo, un miracolo (una roba alla Buffon, per capirci) sarebbe stato utile. Magari a Pescara, nell’unica partita in cui un gol subito in meno risulterebbe decisivo per cambiare il risultato. Ma il problema è proprio questo: portare a compimento l’ordinaria amministrazione, parare il parabile. Basterebbe questo, al Napoli, per uscire pulito da match come quello di ieri sera. In cui il gol avversario, come spiegato nella nostra analisi tattica, nasce da un momento “sbagliato” della squadra. Ma che comunque resta un caso, un tiro da 35 metri, centrale, calcolato male.
Nel dopopartita, Sarri ha difeso il suo portiere: «Facile dare la colpa a Reina, vorrei dire anche che al primo minuto ha fatto una parata miracolosa. Forse ha fatto un passo di troppo e non è potuto intervenire ma sul tiro di Verdi il pallone ha cambiato traiettoria». Giusto, pure ammirevole, che un allenatore difenda così il suo portiere. Però è un errore, e forse la parata del primo (quarto) minuto la parata non è poi questo gran miracolo. Bella, difficile, importante. Ma i miracoli sono altri.
Reina è un caso, anche perché è un paradosso: è fondamentale per il Napoli, tiene la difesa su e la gestisce in maniera perfetta. Calcola bene i tempi delle uscite a copertura, rischia in maniera ponderata e cerebrale sulle uscite dalla difesa, gioca perfettamente il pallone di piede (Hart è al Torino e Bravo al Manchester City per questo motivo). Però, ha qualche problema tra i pali. O meglio, va in difficoltà sui tiri forti, da lontano. Su quello di Suso, ad esempio, ci sta. Su quello di ieri sera, come su alcuni dello scorso campionato, un po’ meno. Anzi, decisamente di meno.
Il dilemma riguarda il futuro, più che il passato: è recuperabile un Reina in grado di superare questa incostanza nelle prestazioni (ottime come leader difensivo e carismatico, diciamo pure rivedibile come portiere)? È un problema fisico, dovuto a qualche piccolo acciacco, o semplicemente di doti che stanno scemando con l’età? Oppure, ancor più brutalmente, questo è Reina? Cioè, dobbiamo tenercelo così ad libitum? Sarebbe un peccato, per lui e per il Napoli. Che ieri sera l’ha rimessa in piedi, ma che non sempre avrà la bravura e la fortuna e la prontezza di riuscirci. È impensabile pensare che la difesa non conceda tiri, magari anche velleitari perché da fuori; è difficile immaginare che difficoltà del genere, che ogni tanto si ripresentano, non possano costare punti al Napoli. Ed è una prospettiva poco piacevole. Per lo stesso Reina che a Napoli è amatissimo e non si meriterebbe di essere buttato via perché non più in grado di fare le cose perbene, anche quelle più semplici. La soluzione-pungolo, con Sepe, non sortirebbe effetto secondo noi: ancora troppo poco importante la narrazione del giovane napoletano per poter davvero mettere in dubbio la titolarità del portiere spagnolo. C’è sempre Rafael che, se ha davvero risolto i problemi fisici, potrebbe prendersi la sua rivincita. Forse sarebbe servito uno Sportiello, lo abbiamo detto spesso (anche se il suo esordio di stagione a Bergamo non è stato dei più felici): per problemi di lista un acquisto così (o anche semplicemente il suo acquisto, inteso come acquisto proprio di Sportiello) è stato rimandato. Quindi, ora, tocca lavorare su Reina. Capire qual è il suo problema, intervenire. Perché il portiere titolare è lui, non c’è discussione.
A Zoff, che ad Argentina 1978 (a 36 anni) visse una situazione simile, risolsero ogni dubbio. Si diceva fosse la vista, non è il caso di riprendere quella storia sempre un po’ misteriosa. Prendiamoci solo il finale: risolviamo il caso Reina, aiutiamo Pepe a tornare quello di un tempo. Non è mai stato esente da incertezze, lo sappiamo. L’importante è che questi infortuni non comincino a minare le sicurezze sue e della difesa del Napoli.