Ad As: «Non mi piace quando il mio giocatore non è libero di decidere. I giocatori hanno sempre più potere grazie ai social»

Ieri sono circolate le dichiarazioni della procuratrice Rafaela Pimenta, ex braccio destro di Mino Raiola, durante un evento riservato ai procuratori dei calciatori nelle quali entrambi inveivano contro il regolamento della Fifa che pone delle regole al lavoro degli agenti.
“Circa 4 anni fa io e Mino venimmo invitati dalla Fifa a un meeting sul nuovo regolamento, ma rimanemmo sorpresi perché non volevano discuterlo, ma solo mostrarcelo – ha spiegato Pimenta – Era già tutto fatto, deciso. Era una trappola. La nostra risposta fu: ‘Ci vediamo in tribunale’. Noi non vogliamo parlare di una normativa già scritta, ma crearla da capo, per capire errori e cose positive della nostra professione. Ora siamo nel momento dell’attuazione della normativa, ci stiamo preparando per andare in tribunale. Dobbiamo combattere insieme, perché questo è un vero e proprio abuso che peserà anche sui giocatori. Dobbiamo avere un sistema di licenze? Sì, ma chi è che deve decidere come e quando? Chi decide a chi togliere la licenza o meno? Dobbiamo decidere noi chi giudicherà gli esami per accedere o meno alla professione. E capire cosa è davvero un agente. Alla fine ci saranno solo avvocati a rappresentare i calciatori, che però non vogliono questo”.
Oggi la Pimenta, intervistata da As si sofferma su Haaland, ma i messaggi trasversali sono molto più interessanti. Per la serie “parlare alla nuora, perché suocera intenda”.
Piccolo flash su Pimenta: si tratta del procuratore che ha ereditato l’impero di Mino Raiola, già compagna dell’agente italiano e avvocato di successo specializzata in diritto internazionale.
Pimenta racconta di come sia stato difficile farsi accettare in un settore dominato dal genere maschile:
«Ma è ovvio che ci sono molti pregiudizi. Gli uomini spesso cercano di demoralizzare le donne, e lo fanno con argomenti stupidi», e racconta l’insulto sessista ricevuto da un direttore sportivo.
Poi passa a raccontare il business senza Raiola:
«Certi agenti, se così si possono chiamare, hanno chiamato alcuni giocatori lo stesso giorno che Mino è morto. Lo stesso giorno! Questo per me ha superato un livello che non mi aspettavo. So anche cosa hanno risposto quei giocatori. E per Mino sarebbe motivo di orgoglio quello che è successo. Invece i grandi agenti, che sono pochi, si sono comportati bene, assecondando, chiamando, con la loro presenza».
Il tema si fa spinoso:
«I giocatori hanno sempre più potere? Sicuramente. I social e li usi in modo intelligente e limitato, ti aiuteranno molto. Il giocatore ha il controllo assoluto della storia che lo circonda. Puoi spiegare al mondo chi sei veramente. Dico sempre che una delle mie priorità come agente è offrire al giocatore quella che io chiamo ‘la chiave della porta’. Quando il giocatore va in un club, faccio di tutto per creare le condizioni affinché la chiave della porta sia nelle sue mani. E se domani non sopporti più di stare in un club perché non ti piace, o non ti pagano bene, o perché tua moglie vuole vivere a Parigi? Beh, te ne vai, vero? Non mi piace quando il mio giocatore non è libero di decidere».
E chi se ne frega degli impegni presi e firmati con società che dipendono finanziariamente anche dai risultati sportivi e nelle quali lavorano centinaia di persone comuni. Il calciatore ha i suoi diritti, la sua libertà nel decidere dove andare, come dice Pimenta che però dimentica che esistono anche i doveri di un “lavoratore”.
«Il lavoratore deve avere il diritto di essere trasferito, di decidere della propria vita. Invito i tifosi a pensare che anche i giocatori sono persone».
La chiusura con il botto prima di un altro tema delicato:
«Abbiamo fatto Pogba a 80 milioni e tutti dicevano… È incredibile! Oggi molti ne valgono la pena. Il top è a 222 di Neymar… I numeri cambiano. Per me Haaland vale 1.000 milioni. Forse nessuno lo pagherà, ma è il potenziale che ha quando arriva in un club. Con esso arrivano tifosi, gol, risultati sportivi, professionalità, contenuti digitali, notorietà, sponsor…»
Si arriva al regolamento Fifa per gli agenti e Pimenta sfoggia le sue competenze da giurista:
«Quando vedo un regolamento che, a mio avviso, non è conforme alle leggi nazionali, non lo accetto. Ecco perché lo porteremo in tribunale. Tutti gli abusi di potere e le dittature iniziano con piccole cose. Questo regolamento è una grande o piccola violazione delle libertà? Non importa, perché una violazione della libertà può portare di più. Ho vissuto la dittatura in Brasile, e lì la legge non esiste più. Quella dittatura è iniziata con piccole cose, con piccoli abusi da parte del governo».