Il Napoli è distante anni luce dalla piazza, dai giornalisti locali (e nazionali). Nessuno ha compreso la portata innovativa del lavoro di De Laurentiis
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Nessun napoletano potrà appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene.
Questa squadra non appartiene a nessun tifoso.
Questa squadra è distante anni luce dai propri tifosi. Anche se i giocatori fanno di tutto per non far sentire la distanza.
Al tampone della napoletanità questa squadra è sempre risultata negativa. Gli unici napoletani della squadra sono laterali rispetto a chi questa squadra la sta portando sempre oltre i propri limiti.
Non ci stupisce questo ritrovato “amore” da parte dei tifosi. Se oggi si istituisse lo “ius primae noctis” a favore di Aurelio De Laurentiis, i rappresentanti del defunto movimento estivo, scioltosi come un fior di fragola, sarebbero i primi plaudenti approvatori.
Ma la verità è che De Laurentiis è riuscito in un’impresa titanica: ha reso il Napoli una squadra normale. Dove non c’è magia. Ma lavoro, serietà e capacità manageriali.
Una squadra in grado di competere solo per se stessa. Non si vive la retorica dell’orgoglio di un popolo. Porta la propria dimensione e basta.
La società ha sradicato un Dna perdente, innervato di oleografica simpatia, per innestare un qualcosa di più credibile ed autorevole, riuscendovi alla grande.
Il Napoli è diventato una squadra antipatica. Chi vince sempre alla lunga diventa antipatico.
Il Napoli è un rompicoglioni per la narrazione nazionale che non è capace di raccontarne correttamente le gesta. Per pregiudizio, per partigianeria, ma sopratutto per incapacità di coglierne la portata. Questo Napoli è finito sul NYT, mentre Caressa e Bergomi fanno fatica a dire “campioni d’inverno”.
Il presidente ha preso le sue brave tranvate di cui il tempo ci ha liberato: Selfiens ed Insigne, e reso prigionieri: sarà per sempre lui ad aver esonerato l’allenatore più vincente della storia del calcio.
Quasi nessuno ha colto la portata del cambiamento imposto. Non lo hanno capito i tifosi, che sin dal ritorno in serie B hanno da sempre contestato la proprietà, chi per perdita del proprio tornaconto, chi per manifesta mancanza di strumenti culturali per cogliere il cambio di passo.
Non lo ha colto la stampa italiana, che per mutazione genetica ha come priorità le vendite e non l’informazione, continuando a magnificare le gesta di tre disastri economici e sportivi.
Non ultima la stampa napoletana che nonostante gli ultimi sei mesi siano stati un master di “strategia economica” continua a guardare il calcio a 56K e non con la fibra ultra veloce. Si sostiene ancora che, in caso di partenza di Osimhen, debba essere Vlahovic, e non Højlund, il futuro centravanti del Napoli.
Segno che la lezione ancora non è stata capita. Giovani, affamati e dai costi contenuti. Cosa non vi è chiaro?
Festeggi da solo De Laurentiis, non con i cortigiani che busseranno alla sua porta per ritagliarsi una fettina di immortalità, questo Napoli è solo suo, di Giuntoli, Spalletti e di questi ragazzi.
Il barnum che contestava a Dimaro che farà? Scurdammoce o’passat?
Per la festa contro la Fiorentina (ennesimo patetico ricorso storico) scrittori, tifosi illustri e meno illustri, giornalisti, opinionisti tutti fuori a far festa tra i vicoli con tre pasta e fagioli a 10.000 £ire. Come nel 1987.
Gli striscioni questa volta facciamoli per per i vivi: NON AVETE CAPITO UN CAZZO!
Venio Vanni