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«Pistorius ha perso i capelli e fuma nevroticamente. In carcere hanno provato ad ammazzarlo»

Su Repubblica un’intervista al manager dell’atleta condannato per omicidio. «Pulisce i bagni del carcere, il suo lavoro è quello»

«Pistorius ha perso i capelli e fuma nevroticamente. In carcere hanno provato ad ammazzarlo»

Emanuela Audisio intervista, per Repubblica, Peet Van Zyl, manager di Oscar Pistorius, condannato a 13 anni e 5 mesi per omicidio volontario. L’accusa è di aver ucciso la fidanzata. A fine mese Pistorius potrebbe uscire dal carcere in libertà vigilata.

Pistorius in carcere è cambiato?

«Fisicamente sì. Gli sono caduti i capelli, è molto stempiato, e anche dimagrito. E soprattutto fuma, una sigaretta dopo l’altra, nevroticamente. Prima non aveva questa abitudine. Con me commenta le notizie sull’atletica, è ancora molto appassionato del suo sport. Anche se me lo ha detto chiaramente che non tornerà più a correre. Ha 36 anni, la sua carriera è finita. Si rende conto che ha sbagliato e distrutto molte vite, anche la sua. Tutto finito. In carcere si è messo a studiare business administration e settore immobiliare. Una volta fuori si occuperà di proprietà e di case. Ora pulisce i bagni della struttura, il suo lavoro è quello».

Lo ha visitato di recente?

«Non negli ultimi mesi. Perché il protocollo Covid è severo e ha rarefatto le visite che lascio ai suoi familiari. Una volta però l’ho trovato che aveva strani segni sul corpo, non so se per una rissa, forse qualcuno aveva provato ad ucciderlo, ho avvisato i dottori. Lui sa che io ci sono, quando vuole mi telefona».

Crede che Pistorius avrà la libertà vigilata?

«Potrebbe uscire alla fine di questo mese o a marzo. Ha scontato più della metà della pena. Ma dipende da vari fattori e pareri. Condizione essenziale era che lui incontrasse i genitori di Reeva Steenkamp. Lo ha fatto a giugno: ha visto solo il padre, la madre non ha voluto. C’è molta politica dietro a queste decisioni. E una forte opposizione dei gruppi femministi».

Oscar Pistorius fu la star dei Giochi di Londra 2012.

«Dopo è cambiato. Troppi amici sbagliati. Ha iniziato a frequentare gente di malaffare, a girare con auto lussuose, lo invitavano a feste, viaggi, presentazioni. Roba che non c’entra con lo sport. Un giorno è passato a prendermi in auto e dietro sul sedile aveva una pistola. A cosa ti serve? gli ho chiesto. È per la mia sicurezza, ha risposto. Era ossessionato, voleva assumere un bodyguard».

Parla mai del futuro?

«Parla soprattutto dell’Italia, dove si è sempre trovato bene. Vuole ritornarci, altri posti non gli interessano. Ma se
anche avrà la libertà vigilata non so se gli ridaranno il passaporto. Dice che ha voglia dell’Italia, è il primo paese che vuole rivedere. Amava molto Gemona, in Friuli, la nostra base di allenamento».

E della notte in cui ha ucciso Reeva?

«Non affronto quell’argomento. Gli ho detto solo che un giorno, quando sarà uscito dalla prigione, senza nessuno attorno, io e lui soli, spero di avere una spiegazione».

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