Violenza, razzismo, malattie, plusvalenze (no, le plusvalenze no): il presidente della Figc prende sempre posizioni “nette”. Oggi toccava ad arbitri aggrediti e “leoni da tastiera”
Ieri Gravina – abbiamo googlato – non ha fatto in tempo a dirsi Jankto. La Fifa, il suo mentore Infantino, sì: il suo coming out è il nostro coming out. Un’appropriazione che segue il filo tracciato in sede di inaugurazione del Mondiale in Qatar, quando ebbe lo spirito di recitare solenne:
«Oggi mi sento del Qatar, mi sento arabo, africano, gay, disabile, un lavoratore migrante»
E allora Gravina ha recuperato oggi. Ha detto che lui, oggi, si sente Cissé. Ché Jankto era già stato preso da Abodi, con un certo affanno.
«Io oggi sono Cissé, tutto il calcio è Cissè»
Chi è Cissè, Gravina a parte? Si parlava dell’arbitro Mamady Cissé costretto a rintanarsi in uno stanzino dopo aver interrotto una partita di seconda categoria. Donna, nera, calcio di provincia… cosa potrà mai andare storto in questo Paese orgogliosamente “non razzista”?. Gravina, così decontestualizzato, parebbe impazzito. Invece no: si era alla presentazione del “Report dell’osservatorio calciatori sotto tiro”, e questa declinazione del kennediano “ich bin ein berliner” calzava, va detto, a pennello. Anche se recitata più col ritmo cinematografico di “se io posso cambiare tutto il mondo può cambiare”. Gravina è così: un po’ Kennedy un po’ Rocky Balboa.
L’Infantinizzazione della grammatica graviniana è un salto di specie. Perché il presidente federale è sempre uno che fa uso della parola fantasioso ma accorto. Non si è padri di un capolavoro come “endofederale” a caso. Infantino è per ruolo un infallibile multiforma – “arabo, africano, gay, disabile, migrante”… come lo batti uno così? – Gravina è in genere più felpato. Meno paillettes, più formalismo prima repubblica. Non ha gli occhialoni spessi da pentapartito, ma l’eloquio sì. La scuola è quella.
In ogni caso Gravina ha segnato anche oggi il punto quotidiano: prendere posizione “netta” contro qualcosa. Violenza negli stadi, razzismo, guerra, malattie, plusvalenze… no, le plusvalenze no ma vabbé. Oggi era il turno dei “leoni da tastiera”. Questa “sorta di tribunale pubblico sui social che desta grandissima preoccupazione“, parole sue. Uno dice, ogni volta: sei il Presidente della Figc, farai tu qualcosa no? Ecco: no. Gravina in genere chiede (a volte pretende) “un intervento drastico da parte nostra”, o anche “un’azione di sistema”. Riassumendo infine per dare un titolo: “bisogna dire basta a… (riempire a piacimento)“. Oggi erano le aggressioni agli arbitri, una “forma di cultura becera che deve essere espulsa dal nostro sistema”.
In attesa che l’umanità si autoredima, Gravina rimbrotta quotidianamente i suoi difettosi connazionali. Il tribuno del ma-non-si-vergogna che non fa mai. Indica la via, fa “moral suasion”. Oggi è Cissé, domani chissà.