Al CorSera: «Una volta un tifoso mi mandò un gioiello accompagnato da una lettera. Schwazer? Non sarà mai facile parlarne».
Il Corriere della Sera intervista Carolina Kostner. A 36 anni, sabato tornerà a pattinare al PalaVela di Torino. Sarà la star di «Cinema on ice», lo show che unisce colonne sonore e performance sul ghiaccio.
La Kostner racconta dove tiene tutte le coppe, i trofei e le medaglie che ha vinto in carriera?
«Non sono una persona materiale: il valore più grande ce l’hanno le esperienze che ho avuto, le persone che ho
incontrato, le sensazioni che ho vissuto. Certo gli oggetti sono legati a luoghi e situazioni, rispolverano ricordi. È
tutto a casa dei miei genitori, a Ortisei: mamma ha catalogato ogni cosa. Una volta un tifoso mi mandò un gioiello, accompagnato da una bellissima lettera. Ricordo il valore di quel gesto. E ho tenuto tutti i disegni dei bambini: bellissimi, raccontano più di mille parole».
Su Netflix sta per uscire il docu-film sulla storia di Alex Schwazer, l’ex fidanzato marciatore per il quale mentì a un
ispettore dell’antidoping. Quella bugia le costò una dolorosa squalifica. Come è stato tornare su quei fatti?
«Non facile. Non lo sarà mai».
La Kostner si è accomiatata dalle gare in punta di piedi.
«Per colpa di un infortunio molto serio, poi è arrivato il Covid, poi il tempo è volato. Ma sogno di organizzare uno
spettacolo per celebrare le tante persone con cui ho lavorato in questi anni: più che per dire addio, per dire loro grazie».
L’operazione all’anca è un regalo dei salti sui pattini? Kostner:
«E chi lo sa…? Sono nata con un’anca con una displasia accentuata. Ho pattinato tanti anni, allenandomi moltissimo. Tornando indietro, rifarei tutto. Io credo che ci voglia coraggio per lasciarsi sorprendere dalla vita».
Non ha rimpianti, dice. Eppure il bronzo di Sochi valeva almeno argento, ma i giudici vollero premiare l’atleta russa, Adelina Sotnikova. Kostner:
«Sono sincera: per me quella medaglia vale oro. A casa delle russe ero pronta ad accettare un probabile quarto posto. Tutto ciò che è arrivato dopo, è stato un di più: da quel momento non ho più avuto bisogno di dimostrare a me stessa che so pattinare. Da lì in poi ho pensato solo a ispirare le persone, anche quelle che non facevano il tifo per me».