Al Giornale: «Ci bastò per capirci, ci sentiamo anche oggi. La rivalità Goggia-Brignone? Anche Gros non andava piano per favorire me…»
Il Giornale intervista Gustav Thoeni, simbolo per l’Italia e l’Alto Adige degli anni Settanta, un campione antidivo. Commenta il record della Shiffrin che ha superato Stenmark. Come l’avrà presa lui?
«Negli anni non era facile credere di poter avvicinare il record di Ingo, però la Shiffrin, fin da giovanissima si è dimostrata una fuoriclasse, sia in pista che di testa. Ormai c’era da aspettarselo: anche lui lo avrà accettato».
Per bloccare Shiffrin bisognerebbe cambiare il regolamento come fecero con Stenmark? Thoeni:
«Bé, lo fecero anche con me, con noi, in quegli anni con continui cambi, per non parlare delle regole sulle sponsorizzazioni private, allora non permesse».
Chi vince, tra Thoeni e Stenmark, nel derby della timidezza?
«Lì non apro nemmeno il cancelletto: vince lui. Se io ero taciturno, lui di più. Negli anni si è aperto. Ora ci sentiamo meno: è fisso in Scandinavia, gioca a golf e fa fondo».
Thoeni parla della differenza tra i record e le vittorie dei suoi tempi e quelli di oggi.
«I record sono numeri: ma sulle gobbe di neve fresca fra cui passavamo noi, vorrei vedere scendere i ragazzi di oggi!».
Nota dolente del 2023: nessuna vittoria maschile azzurra. Che cosa non va?
«Non sono più nell’ambiente ed è sempre sbagliato permettersi di giudicare da fuori, ma penso che oggi la federazione riesca a mettere tutto quel che serve a disposizione dei ragazzi, a partire da budget adeguati. Quindi è un’onda che viene e va, serve pazienza: anche la mia valanga si disgregò fra qualche problema di troppo dopo anni d’oro».
Sulle sciatrici italiane, Bassino, Brignone, Curtoni, Goggia:
«Sono stile, polivalenza, tenacia e coraggio».
Eppure non sono amiche: ai suoi tempi, per esempio, con Cristian Neureuther eravate davvero legati? Thoeni:
«Certo! Fuori pista, anche Ingo poi si sciolse… qualche volta. Ma non ho mai sentito Piero Gros dire: “Vado piano che aiuto Gustav”».
Su Tomba:
«Lo notai giovanissimo: mi dissero “Lascialo stare, non solo è di Bologna, ma è figlio di papà”. Invece era cittadino, ma in fondo veniva dalle colline e anche lui era legato alla famiglia e soprattutto – come fu anche per me -, braccato dal circo mediatico. Ci bastò per capirci. Ci sentiamo anche oggi, i suoi sms, le sue filastrocche».