Nel pressing alto gli attaccanti del Napoli corrono più veloce del pallone: il ritmo asfissiante di Osimhen, Kvara e Lozano impedisce l’azione degli avversari
L’ennesima partita capolavoro del Napoli di quest’anno lascia stupefatti per tantissimi aspetti: dalla fame e cattiveria agonistica che caratterizza l’approccio e l’atteggiamento dei giocatori anche quando il match è praticamente e letteralmente chiuso, ad un Di Lorenzo a livelli ormai inarrivabili, dall’intesa Osimhen – Kvaratskhelia ormai arrivata a livelli tali per cui l’uno è disposto a togliersi occasioni da gol personali per facilitare il gol dell’altro, allo strapotere fisico (di cui parlavamo anche da ultimo) che si declina nel 15esimo gol su calcio d’angolo della stagione (quando mai il Napoli era arrivato ad un simile traguardo?), e si potrebbe continuare fino a sera.
C’è una cosa, però, che ieri ha più impressionato (per lo meno chi scrive) tra le altre: sembra una battuta, ma la verità è che le squadre avversarie fanno fatica ad uscire in costruzione bassa, fanno cioè fatica a muovere la palla in quella zona del campo perché gli attaccanti del Napoli (Osimhen, Kvaratskhelia e Lozano) che vanno a pressare i difensori avverarsi corrono più veloce del pallone che viene scambiato tra i difensori che impostano il gioco.
Non è uno scherzo, fateci caso: l’esempio di questo potrebbe per tutti essere il pallone che Osimhen ruba ai difensori del Liverpool nella partita di Champions League in casa di inizio stagione, e pensavo fosse un caso.
Mi sono poi nel corso della stagione concentrato su questo aspetto e ne ho trovato continue conferme: difficile da credersi, ma davvero quei tre quando ti azzannano in quella zona del campo ed in quella fase di gioco avversaria, impediscono ogni giocata in tal senso perché corrono più veloci del pallone che girare (anzi: che tenta di girare) tra i piedi avversari.
Una cosa che io personalmente non avevo mai visto in questi ultimi anni.
Il primo gol arriva, verrebbe da dire come al solito, da calcio d’angolo diretto.
E’ una meraviglia constatare come, dopo anni in cui, come per esempio durante il triennio di Sarri (che pure veniva incensato per la quantità numerica di schemi da calcio da fermo), si vedevano i giocatori che su calcio d’angolo facevano strani segnali con le dite (per chiamare uno di questi schemi?) per poi quasi sempre invece regalare la palla agli altri, adesso ogni calcio d’angolo suoni invece quasi come una condanna alla “morte sportiva” per la squadra avversaria di turno.
Questo è il calcio, insomma: il calcio d’angolo utilizzato allo scopo del gol, e non in funzione di inutili orpelli.
Calcio d’angolo diretto, dicevamo, battuto da Zielinski a rientrare per il terzo tempo di Osimhen, che quest’anno sta rilevandosi quale colpitore di testa magnifico, tra i più grandi visti negli ultimi anni.
Il centravanti nigeriano prende la posizione nella zona in cui andrà a cadere il pallone magistralmente calciato dal compagno, salta a piedi pari e con la solita torsione di busto e collo (che sta rivelandosi una specialità nella specialità) indirizza il pallone con parabola a scendere sul palo lontano da quello presidiato dal portiere del Torino.
Gol strepitoso.
Dopo il secondo gol segnato su rigore da Kvaratskhelia (un piccolo appunto: se si calcia centrale facendo prima buttare il portiere, paradossalmente bisogna calciare ancora più lento, perché altrimenti la troppa velocità del pallone rischia di farlo impattare con i piedi del portiere che ancora non ha finito di buttarsi a terra), si arriva al terzo gol, prodotto di un’azione a dir poco favolosa per tempi, per modi di aggredire lo spazio (spazio che, come diceva quel mio famoso allenatore più volte citato, è sempre creato dal movimento di chi non ha la palla), per velocità di esecuzione, per efficacia delle giocate.
Di Lorenzo va a battere una rimessa laterale all’altezza della propria mediana.
La batte su Anguissa, che nel frattempo ha preso la posizione ad un difendente del Torino a circa dieci metri dal compagno che sta battendo il fallo laterale.
Qui avviene la prima cosa incredibile: lo sviluppo dell’azione è tale da far credere che Di Lorenzo abbia usato Anguissa come semplice sponda per riavere il pallone ed entrare lui direttamente nel campo a tagliare in due le linee di pressione avversarie.
Ed infatti, Anguissa stoppa il pallone di petto e con il piede destro in pratica lo stoppa e lo ferma per la corsa di Di Lorenzo, che nel frattempo è scattato per andarselo a riprendere.
Di Lorenzo si re-impossessa del pallone e con uno scatto imperioso ed un solo controllo taglia il campo in obliquo per almeno 25 metri fino a che, arrivato a ricoprire una vera e propria posizione da regista avanzato (che spesso quest’anno è andato a ricoprire dopo appositi movimenti e giocate di “sistema” e di squadra), di sinistro lancia la palla a Kvaratskhelia che nel frattempo si è spostato largo e staziona sulla linea del fallo laterale della fascia opposta allo scopo di aprire la linea difensiva avversaria e prepararsi alla giocata che farà.
Ed infatti, il campione georgiano appena ricevuto il pallone inizia ad accentrarsi ed a puntare il suo uomo lasciando spazio dietro di sé.
Quello spazio che nel frattempo, a falcate imperiose, sta andando a riempire Olivera, che chiama il pallone al compagno con il suo semplice movimento, a sua volta chiamato dal movimento opposto di Kvaratskhelia.
Il quale, al momento opportuno, esegue una giocata spettacolare ma a bassissimo indice di difficoltà per un campione del genere (quante ce ne ha fatte vedere Totti di simili?): mentre corre verso la direzione opposta, con un colpo di tacco recapita il pallone sulla corsa di Olivera, affinché questi possa crossarlo di prima in modo da prendere in contro tempo i movimenti della difesa avversaria.
Olivera non se lo fa dire due volte, ed infatti di prima crossa al bacio il pallone sul palo lungo per l’intervento di Osimhen, che praticamente sulla linea di porta insacca il pallone del 3 a 0.
Chi diceva che Olivera non aveva il piede educato? Gli stessi che dicevano che Elmas non sapeva fare niente bene?
Il gol del 4 a 0 è l’ennesima dimostrazione del potenziale fisico che il Napoli mette in campo in ogni partita.
C’è un lancio lungo sulla fascia destra del Napoli, ed il pallone sembra perso perché il difensore del Torino è in vantaggio su Osimhen con cui si è ingaggiato in un duello 1 contro 1.
Qui il centravanti nigeriano fa il primo piccolo capolavoro: sa che il difensore è in leggero vantaggio (seppure con lo scatto gli abbia preso almeno 5 metri) ed allora non va subito a fare a sportellate, ma gli lascia provare a controllare prima il pallone e poi, a palla scoperta (e cioè dopo il primo tentativo di controllo del pallone da parte dell’avversario e mentre questo sta provando a continuarne la gestione con un secondo tocco), dà la sportellata (di spalle) che serve a recuperare spazio e palla.
A quel punto il duello diventa solo fisico, ma Osimhen lo vince come al solito e quasi con il solito “colpo” da maestro: infila il piede destro tra le gambe del difensore che sta cercando di controllare il pallone dopo la prima sportellata, lo fa proprio e lo passa a Kvaratskhelia che nel frattempo, come il solito ossesso, è scattato lungo la direttrice verticale (in zona corrispondente al centro destra del limite dell’area del Torino) andando a sovrapporsi al compagno.
Il campione georgiano riceve la palla sulla corsa, ha già visto dietro di se Ndombele arrivare con tempi e giri di corsa giusta, di prima gli passa la palla tagliando l’area in orizzontale e lo stesso Ndombele, a tu per tu con il portiere, conta i passi prima di calciare a rete e scocca il tiro che fa passare sotto le gambe del portiere avversario.
Manco a dire “gioco, partita, incontro”, che quello si sarebbe già potuto dire al 10mo del primo tempo.
Ragione per cui è stato uno spasso sentire le voci dei due telecronisti che in parte sembravano implorare il Torino di tenere viva la partita, in parte sembravano manifestare tutto lo sconforto per un desiderio così impossibile da realizzare.