Oltre la domanda: Maignan avrebbe parato il tiro di Bennacer? Il Napoli ha giocato un’ottima partita, siede ormai al tavolo delle più forti d’Europa
È un peccato, soprattutto perché si è persa una partita contro una squadra, contro una tifoseria che nonostante la vittoria eclatante di due settimane fa mostra chiaramente di avere una paura fottuta del Napoli.
Questo è quello che leggo e che ho letto io dalla partita di ieri.
Possono mettersi a fare tutte le coreografie di scherno classista che vogliono (solo chi vive qui sa cosa significa nell’immaginario del milanese medio l’associazione della napoletanità alle caratteristiche di Pulcinella).
Il loro idolo, quell’intellettuale di Hernandez, può mettersi a fare il capuzziello per una rimessa laterale aizzando la sua tifoseria tutte le volte che vuole.
Possono venire a raccontare quello che vogliono, anche le idiozie sul Dna da Champions Legaue.
Ma la paura che hanno del Napoli la si tocca con mano.
È una considerazione scientifica, questa, si badi bene.
Basta ri-analizzare l’atteggiamento che hanno avuto nella prima mezz’ora, di totale attendismo ed asservimento ai tempi ed ai modi delle giocate del Napoli.
È sufficiente ri-analizzare come, nonostante non avessimo un attaccante di ruolo e per ciò non avessimo la giocata del pallone lungo a cercare la sua figura o la profondità in caso di difficoltà da pressing alto, ebbene questo pressing alto non è stato mai praticamente portato dal Milan, proprio per il terrore recondito che ha provato al solo pensiero di cosa potesse succedere se questo pressing alto fosse stato eluso dai difensori e dai centrocampisti del Napoli.
Oppure, ancora, è sufficiente ri-analizzare come l’atteggiamento attendista del Milan sia proseguito anche durante la lunga fase della partita condotta in superiorità numerica, in cui si è schiacciato (o fatto schiacciare: poco cambia) nella propria tre quarti dalla squadra avversaria, di cui ha continuato ad avere terrore nonostante, in realtà, ad un certo punto la superiorità numerica sembrava di ben due unità un campo, nel senso di doversi ricomprendere anche l’arbitraggio.
Un peccato, insomma, perché squadre così terrorizzate è giusto che facciano la fine degli sconfitti, altro che stronzate sul Dna da Champions League di cui continuo a sentire parlare da settimana (d’altronde, fatemi capire: sarebbe in base a questo presunto Dna che giocatori del calibro di Calabria in tali di nottate dovrebbero trasformarsi nel Tassotti o Djalma Santos di turno? Ma andate a cagare, dai).
La fine degli sconfitti, altro che. Ed invece …
Dicevamo dell’arbitro: per carità, ognuno è libero di passare alla storia nel modo in cui crede.
Mi chiedo, però, una cosa, di carattere tecnico (e quindi para-scientifico): ha senso iniziare a dirigere la partita in un determinato modo (all’inglese, come si suol dire) e poi all’improvviso dirigerla in senso assolutamente contrario (fischiando tutto ed il contrario di tutto)?
Posto che l’arbitraggio, ovvero il modo di dirigere la partita è anche chiaramente inteso a dare un segnale, sin dal principio, ai calciatori, volendone indirizzare condotta e giocate, che senso ha mutare in questo modo atteggiamento (senza nemmeno richiamare i capitani per annunciarlo, così da potersi ri-organizzare in tal senso)?
Le assenze di Anguissa e Kim grondano sangue, rischiano di essere pesanti come quella del centravanti ieri sera.
Non sono in un grande periodo di condizione fisica, ma rimangono due giocatori essenziali soprattutto per il contrasto alle ripartenze del Milan (perché questo fa il Milan: ripartire una volta conquistato il pallone, niente più).
Ed anzi, su Kim mi sia consentito un appunto.
Odio rivivere la partita rispetto a ciò che si poteva fare o non (presuntivamente) sbagliare tatticamente, anche perché abbiamo un allenatore bravissimo che pensa e ripensa ad ogni migliore soluzione possibile per il Napoli.
Tuttavia mi chiedo questo.
Se ricordate, ciò che ci aveva fatto reggere gli scontri contro il Liverpool e il Psg durante l’era di Ancelotti era il fatto che i due mostri di queste due squadre (Salah e Mbappè) giocavano, anzi aggredivano lo spazio difensivo in cui si trovava a posizionarsi Koulibaly (centrale di centro sinistra della difesa a 4).
Il quale, per passo, frequenza di corsa, accelerazione e fisicità, li aveva letteralmente neutralizzati.
E questa è la premessa maggiore del sillogismo che sto illustrando.
Ebbene, mi sembra che quando Spalletti fa giocare Juan Jesus, Kim (che di solito staziona nella stessa posizione che fu di Koulibaly) facilmente si accomoda a posizionarsi nella zona di centro destra, lasciando al brasiliano quella di centro sinistra.
E questa è la premessa minore.
Ed allora, mi chiedo (ed è una domanda retorica di quelle che presuppongono risposta affermativa, che integra la conclusione del sillogismo in discussione): visto che il Milan ha in Leao un giocatore che a campo aperto, quando accelera, diventa un’arma letale, e lo fa sempre aggredendo la zona del centro destra difensivo avversario, non sarebbe (stato) meglio farci giocare contro Kim, ovvero spostarlo appunto nella zona del centro destra, così da avere la possibilità di reggere il confronto e lo scontro (appunto in termini di fisicità e corsa a campo aperto) ed eventualmente provare a neutralizzarlo?
Ciò detto, giocare senza centravanti, ed arrivare all’appuntamento quasi clou della stagione con tutti e tre gli attaccanti di ruolo fuori uso, pure diventa ai limiti dell’impraticabile.
Elmas si è sfiancato, è stato bravissimo soprattutto nel lavoro oscuro della pressione alta in uscita del pallone della difesa avversaria, ma tuttavia ho contato solo due volte (dicasi due in un’ora in cui ha giostrato in quel ruolo) in cui è riuscito a tenere il pallone spalle alla porta e giocarlo di sponda ad un compagno (una di queste quella in cui Anguissa ha provato quel tiro strozzato da fuori).
Così diventa dura, ma – per quanto l’impressione è davvero quella per cui si è un po’ persa fluidità e facilità nel saltare le linee di pressing avversario ed arrivare davanti alla porta avversaria – il Napoli ha comunque giocato un’ottima partita: tosto nei contrasti, con grande e solita lucidità nel palleggio in ogni linea ed in ogni catena di costruzione dell’azione, senza perdere la testa nelle fasi della partita in cui sarebbe potuto succedere (il gol avversario; l’espulsione di Anguissa; i cartellini gialli che sembravano fioccare ad hoc solo verso i giocatori azzurri; il tumulto ed il tifo di San Siro, davvero uomo in più) mostrando una maturità ed una capacità di reggere l’urto davvero da squadra fortissima, ciò che deve rendere tutti ottimisti per il ritorno.
E, comunque vada, ciò che deve in ogni caso far accrescere la consapevolezza in ogni tifoso che è ormai diventata una squadra di rango europeo, che, per dirla alla Malcolm X, alla tavola imbandita della Champions non solo può sedersi, ma può anche mangiarvi.
Un ultimo appunto, su Kvaratskhelia: capisco gli articoli sul Nyt (anzi, non li capisco, posto che non me ne constano su Giggs, Robben, Ribery ed altre ali del genere che il calcio ha partorito: di cosa stiamo parlando?).
Insomma posso capire tutto, ma non l’atteggiamento di ieri.
Al netto di quel gol sbagliato al primo minuto (che non si può sbagliare, si badi bene: non si può sbagliare), sei stato molle, ragazzo mio.
Molle, sempre girato verso l’arbitro ad ogni entrata dell’avversario in attesa (anzi, nella pretesa) che ti fischiassero il fallo, stucchevole per la quantità di palloni persi nel tentativo di chiudere i triangoli con Mario Rui attraverso colpi di tacco che gli avversari ti leggevano due minuti prima.
Odio le espressioni tipo prendersi la squadra sulle spalle e cose del genere, per carità, anche perché possono essere spesi riguardo a giocatori di altro pianeta e di altra stoffa: però tra questo e l’entrare in campo con l’atteggiamento di ieri davvero bisognerebbe potersi trovare a metà strada, così da giocare almeno in 11 contro 11 fino a che sia possibile.
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Dimenticavo il gol del Milan.
Diaz, riceve palla nella propria tre quarti, di spalle alla coppia di giocatori del Napoli che sta andando a pressarlo.
La coppia in questione è sempre quella Lobotka-Mario Rui, la stessa che si fece far fuori in un niente nella partita di due settimane fa sul primo gol del Milan sempre da Diaz.
Ed infatti, la coppia si ripete, per errori di atteggiamento, divisione dello spazio e postura del corpo durante l’azione fisica del pressing: Lobotka completamente sbilanciato e Mario Rui più attento a non prendersi il giallo che a contrastare l’avversario, ed ecco che il fantasista del Milan se ne libera come bevendo un bicchier d’acqua.
A quel punto, Diaz ha un’autostrada davanti a sé, che infatti non esita a percorrere palla al piede.
Punta dritto per dritto la porta di Meret, Giroud negli ultimi 25 metri gli fa un movimento ad incrociare (da sinistra verso destra) per portargli via i due centrali del Napoli, ed è un movimento azzeccatissimo, perché costringe Di Lorenzo, che nel frattempo si è accorto che lo stesso Giroud è stato perso dai radar sia di Kim che di Rrahamni, a seguire il francese lasciando così la zona di destra (alle sue spalle) completamente libera.
Sarà una scelta tanto obbligata, quanto letale.
In quella zona si catapulta infatti Bennacer, il quale, ricevuto il pallone da Leao (che a sua volta aveva ricevuto lo scarico di Diaz) dall’altra parte dell’area, di prima fulmina Meret.
Diciamoci la verità: la domanda, per tutti, è se Maignan lo avrebbe o meno parato quel tiro (che in sostanza equivale a dire: cosa è delle tue partite se in porta hai un fenomeno e non un portiere normale?).
La mia domanda invece è un’altra, più simpaticamente tecnica: quanto ci ha messo Mario Rui (lo si vede all’ultimo tentare di stoppare il tiro di Bennacer in scivolata) ad arrivare in quella zona di campo dal punto di partenza dell’azione?
Ci vediamo al ritorno, se non con il centravanti quanto meno (si spera) con uno stadio che ribolle di cori, tifo e passione.
Questo Napoli se lo merita, e ce lo meritiamo anche noi suoi tifosi.