Gli indizi che fanno una prova: la lucida analisi nel postpartita, ma anche piccoli dettagli che si vedono in campo.
Abbiamo già scritto l’elogio del Sarri «diverso (ed efficace)» del postpartita. Abbiamo sottolineato quanto alcuni dei concetti espressi possano rappresentare una novità assoluta per il Napoli, per questo suo Napoli da sempre legato a una necessità estetica, a una volontà di bellezza. Che è una condanna, perché poi ci sono partite come quella di oggi. Partite in cui testa, gambe e doti dei calciatori non sono perfettamente sincronizzati e quindi non è possibile fare troppa poesia.
Comunque, questo il nostro commento alle parole dette dal tecnico: «Infine, il passaggio che più ha colpito. Quello sulle partite sporche che il Napoli deve imparare a vincere. Una affermazione rivoluzionaria per Sarri che fin qui spesso si è opposto a un certo tipo di discorsi. Ha sempre detto che il suo Napoli sa giocare a calcio e che lui ama un solo tipo di calcio. Oggi, in un post-partita che potrebbe segnare una svolta, ha toccato argomenti molto importanti e lo ha fatto mostrando un Sarri diverso».
Questo il punto: un Sarri tatticamente diverso, almeno a parole. Più volte, anche già in questo inizio di stagione e come segnalato anche nell’altro pezzo, il tecnico partenopeo aveva sottolineato come il Napoli non avesse alternative. Come il Napoli non dovesse aspirare a gestire la partita, ma dovesse sempre giocare al massimo. Andando a memoria, ricordiamo Napoli-Milan e Dinamo Kiev-Napoli: due partite commentate in questo modo, con un po’ di fastidio verso una squadra che aveva quantomeno provato a fare qualcosa di diverso dal solito.
Oggi, invece, il contrordine. L’inversione a U. Il Napoli che «deve vincere anche le partite che io definisco sporche». Anche contro squadre che si mettono uomo su uomo, che pressano a tutto campo. Che, in qualche modo, fanno propria la lezione che Gasperini sembra aver scolpito su tavole di pietra e poi mandato a memoria. Non che il Napoli non provi già a portare a casa queste partite. Il punto è quello di tentare qualcosa di diverso per riuscirci.
Un’implicazione di queste parole l’abbiamo vista in campo, una coppia d’attacco Milik-Gabbiadini che però è stata già smorzata, come idea, nello stesso postpartita (a Sky, non in conferenza stampa: «era una mossa dettata dalla disperazione»). La sensazione, però, è che dietro questa apertura vera e propria a una concezione diversa del calcio, e quindi di sé stessi, ci sia qualcos’altro in cantiere. Dopo le piccole modifiche tattiche applicate per assecondare le caratteristiche dei nuovi attaccanti, e i piccoli esperimenti sparsi (Hamsik regista, la coppia d’attacco di stasera, anche la coppia d’esterni offensiva Insigne-Mertens adottata oggi nella ripresa), potrebbe essere allo studio anche una modifica al centro motore della squadra. Non qualcosa che ne stravolga l’identità, ci mancherebbe (non ci sarebbero nemmeno i motivi per cambiare tanto), ma un’integrazione che avvicini di più il Napoli alla Juventus. In quanto a cinismo, in quanto a mentalità, in quanto a lettura dei momenti della partita.
Una crescita che il Napoli ha già iniziato, in realtà, ma che fa fatica ad attecchire quando la partita diventa tignosa (come a Genova) e quando gli episodi voltano le spalle (oggi il Napoli ha giocato male, ma Berisha è stato decisivo in tre occasioni, comunque). Una crescita che abbiamo visto nel secondo tempo di Napoli-Chievo, che è stata interpretata malissimo nell’ultima parte di Napoli-Benfica. Non a caso, le ultime due partite.
Sarri oggi ha dimostrato di sapere che questa squadra, dopo aver imparato a giocare il miglior calcio possibile, deve imparare a gestirsi. Fisicamente, mentalmente, tatticamente soprattutto. E questo può avvenire solo se le partite possono essere indirizzate dal tuo gioco, soprattutto dal punto di vista del ritmo. Come la Juventus, oggi, a Empoli: un primo tempo giocato e non giocato, una ripresa con dieci minuti a cento all’ora e tre gol.
Qualcuno potrà muovere una obiezione pure comprensibile: chi ha detto che dobbiamo diventare per forza come una squadra che gioca oggettivamente meglio di noi? La risposta è duplice: nessuno dice che il Napoli deve cambiare identità, ma deve semplicemente imparare a trovarsi dentro delle possibilità alternative per far sì che squadre come Genoa, Atalanta, Pescara e simili possano essere smorzate nella loro garra, soffocate nel loro agonismo. Battute con la tecnica, che è la vera forza di questa squadra che però si perde quando gli avversari la mettono su questi piani. Sarri, oggi, ha detto proprio questo. Per la prima volta. Vediamo in cosa si tradurrà.
La seconda risposta alla domanda di cui sopra è simile alla prima: nessuno dice che il Napoli deve cambiare identità, non è detto. Giusto. E non è detto nemmeno che debba vincere lo scudetto, però. Sarri, forse, ha detto parole che vogliono dire proprio questo. Al di là della Juve di un’altra categoria, forse, anche lui ci crede. E chi crede, sa: lui, magari, ha saputo perché ha capito che i campionati si vincono soprattutto così. Vincendo le partite sporche. Per farlo, si può battere anche una strada diversa dalla solita.