A La Repubblica: «Pannella sosteneva i diritti dei gay senza il coraggio di dichiararsi tale. Gli omosessuali lo fanno spesso».
La Repubblica intervista Ivan Cattaneo. Racconta la sua carriera e com’era da bambino.
«Ho sempre avuto un temperamento artistico, omosessualità compresa, il che mi ha creato problemi in famiglia. I miei erano delle brave persone, ma pensi la Bergamasca negli anni Sessanta. Papà era contadino e tassista nel paese, Pianico, accanto all’Iseo. Era stato prigioniero degli inglesi a El Alamein, aveva sempre in bocca le parole “Montgomery” e “Rommel”. Mamma sì, era modernissima, non ebbe problemi ad accettare il mio orientamento sessuale, ma fece l’errore di parlarne al medico di famiglia, che mi spedì per un anno alla neurodeliri di Bergamo. Nessun trauma, ai tempi non c’erano neanche le parole per definire certi sentimenti».
Cattaneo fece coming out a fine anni Settanta. Ne trasse dei danni?
«Ma no, anzi anche della pubblicità. Ai tempi dichiararsi gay era quasi un atto rivoluzionario, eri una pecora nera, ma anche scintillante. Adesso le battaglie degli omosessuali sono per la pensione di reversibilità. E con tutto questo sono per ogni diritto civile, sia chiaro. A parte l’utero in affitto che svilisce la donna».
Si mostra un po’ critico sulla fluidità dei giovani d’oggi:
«Danno tutto un po’ troppo per scontato e pensano di aver inventato loro la libertà sessuale. Ragazzi, un po’ di rispetto per noi settantenni che c’eravamo prima. Il discorso vale anche per i cantanti dell’ultima generazione. Rosa Chemical cosa voleva dimostrare esibendosi così a Sanremo? Non sa quanta gente l’ha fatto sui palchi italiani e mondiali nei decenni passati? E la risposta è no, non lo sa, perché anche il look adesso è tutto studiato, non crea stupore e neanche scandalo. Noi eravamo naif, forse troppo, ma veri, e volevamo fare quel che sosteneva Duchamp, creare una domanda nella testa del pubblico. Sa cosa dice Laurie Anderson? Che gli unici artisti di avanguardia oggi sono i terroristi, perché non sai mai cosa faranno».
Cattaneo fu uno dei primi a essere riformato alla visita di leva per omosessualità.
«Scena buffissima. Mi presentai in caserma con una lettera di una psichiatra che era la sorella di Mario Mieli, il padre dell’attivismo gay. C’era scritto che ero “incompatibile col servizio militare” e che sarebbe stato pericolosissimo. Il dettaglio era che avevo le unghie verdi, i capelli rosso fucsia e una pelliccia. Un colonnello mi guardò e disse: “sarebbe lei pericolosissimo per i commilitoni, non il contrario”».
Così si dedicò alla musica a tambur battente.
«Ebbi una gran fortuna: Nanni Ricordi mi ascoltò e mi mise subito sotto contratto. Stava per lanciare l’etichetta Ultima Spiagga, mi produsse il disco d’esordio Uoaei, roba di avanguardia, inascoltabile. Ma mi valse un incontro con Lucio Battisti. O uno scontro, non so. Ricordi fu chiamato da Battisti che doveva chiedergli delle cose, e mi portò con sé. Quando lo vidi, sottobraccio aveva dei dischi e il primo era proprio il mio! Ci disse che era sconvolto dalla batteria. Ci credo, era di un maestro come Walter Calloni. Lucio stava lavorando a un disco dal titolo significativo, La batteria, il contrabbasso, eccetera. A suonare nel quale chiamò proprio Calloni».
E lo scontro? Cattaneo lo racconta:
«Ci fece ascoltare le prime incisioni del disco e ci chiese un parere. Io, giovane e sfrontato, dissi che era troppo disco music e che lui voleva fare il Barry White dei poveri. Lui mi prese, mi mise su uno sgabello al centro della sala di incisione e fece partire la musica. Poi mi disse “Ma tu devi sentire quanto colpiscono basso e batteria, senti?” e ci aggiunse un violentissimo cazzotto in pancia che mi fece rotolare a terra».
Cattaneo è stato uno storico sostenitore dei Radicali.
«Ma a Pannella rimprovero una cosa: sosteneva i diritti dei gay senza il coraggio di dichiararsi tale. Una cosa che spesso fanno gli omosessuali, penso anche a Testori e a Pasolini, del quale ho un brutto ricordo. Avevo un fidanzato bellissimo, Francesco, monzese. Lui me lo rubò facendogli fare la comparsa nel film Salò. Uno dei tanti episodi che mi conferma quel che ho imparato dell’amore dopo 70 anni. Che è una trappola. Gli etero hanno l’abbaglio di continuare la specie, io ho perso tempo con gente assurda che mi ha distolto dal lavoro, sennò sarei stato Sinatra, o quasi. Avrei dovuto fare come Battiato , che si è chiuso in se stesso e nella propria arte».