Spalletti ha trovato uno spogliatoio devastato e ha seguito le orme di Ottavio Bianchi, non si è aggrappato ad alcun alibi
Torino 23/04/2023 - campionato di calcio serie A / Juventus-Napoli / foto Image Sport
nella foto: esultanza gol Giacomo Raspadori
La serata dello Juventus Stadium è un manifesto. Il manifesto del calcio bello e concreto, autorevole ed emozionante. Non ci sono similitudini. Non ci sono attinenze. Koulibaly e Raspadori sono due pianeti talmente distanti che uno non ha contezza della presenza dell’altro. Il Napoli ha dato ennesima dimostrazione di quanto gli scudetti si vincano sul campo e basta. Il Napoli ha dato l’ennesima dimostrazione che un’altra narrazione è possibile. Alla fine se sei davvero più forte delle altre vinci. Perché lo meriti. Perché anche gli astri sono dalla tua parte. Ma ieri non c’era nulla di astrale. Il ventitré aprile il Napoli ha mostrato la propria autorevolezza. Ha dimostrato quanto semplice e quanto difficile al contempo sia competere se si rimane focalizzati sull’obiettivo. Senza isterie. Senza revanchismi. Senza Orsato. Senza Pjian(t)ic.
Il Napoli di Luciano Spalletti ha zittito tutti. Coloro i quali pensavano ad un ridimensionamento. Coloro i quali pensavano che quella del Napoli fosse una “fuga bidone” e quelli che pigramente si affannavano a rivendicare i -15 punti inflitti e poi restituiti alla Juventus. Juventus annichilita, battuta due volte. Il doppio confronto finito 6-1 per il Napoli.
La narrazione che vuole la chiusura di un cerchio dall’aprile 2018 all’aprile 2023 è fuorviante. Si paragonano due percorsi agli antipodi. Due allenatori agli antipodi. Due squadre agli antipodi. Uno che non ha mai perso di vista l’obiettivo, che anzi lo ha coccolato, coltivato, fortemente voluto. Un altro che, nonostante una maniera magnifica di insegnare calcio, si è fatto portabandiera del lamento e del vittimismo, finendo per diventare non troppo credibile, fiancheggiando e foraggiando una città che vive di alibi e scuse.
Spalletti ha trasmesso il suo pedigree di conoscenza e di cultura alla squadra. Sin dal primo giorno ha preso le distanze dalla narrazione d’inferiorità patologica di cui sono permeate narrazione e visione del Napoli contro il sistema. Non ha mai un solo giorno, e v’è ne sono stati di difficili, prestato il fianco alla ricerca del consenso facile, alla ricerca di colpevoli.
Come Ottavio Bianchi, Spalletti non ha mai cercato alibi. Ha archiviato il Watergate di un ciclo consunto, ne ha spremuto le ultime gocce, ed è ripartito. tra le “perplessità” generali, sfornando il miglior Napoli della storia. Superiore a tutti, perché capace di vincere senza il mantello del supereroe, bensì forgiando una squadra in grado di giocare tante partite dentro una sola partita. Riuscendo a plasmare un centravanti nevrastenico ed indomabile in un cavallo di razza, che pochissime hanno imbrigliato. Ha coccolato e pungolato un talento puro come Kvara, cui ha dato l’investitura solo quando ha visto la sua vena sul collo.
Ha seguito a modo suo il consiglio presidenziale di diventare “più napoletano”, andando oltre gli inviti a lasciare la città col pandino. Non ha avuto bisogno di un camper per conoscere Napoli. Ha messo tutto se stesso nella squadra, amando a modo proprio la città, pungolando i giovani tifosi del Napoli ad andare a scuola e non agli allenamenti. Non ha fatto mancare il proprio saluto ad bambini oncologici del Pausilipon, senza nessun codazzo, senza nessuna manifestazione social, senza nessuna pubblicità.
È giusto che sia Spalletti a potersi fregiare di questo titolo. Lui, il presidente e Giuntoli sono quelli che ci ha creduto sin dall’inizio. Scudo e spada dei propri ragazzi quanto nel ritiro di Dimaro li ha protetti dal circo barnum in preda ad un delirio collettivo, chiedendo semplicemente di sostenere i calciatori che c’erano in quel momento. Proteggendoli sempre. Lui si, comandante vero.
Dovrà essere convinto della permanenza. Ha trovato uno spogliatoio devastato da una cupola di piccole anime e lo ha fatto diventare il Napoli un luogo nel quale si riesce a vincere.