Chi l’ha detto che sia meno bello festeggiare magari all’esito della partita della Lazio di mercoledì sera vista dal divano di casa propria?
Una partita di “passaggio”, neutra, che nulla sposta se non rispetto alla delusione di chi si aspettava di festeggiare proprio alla fine della partita casalinga in commento o di chi, invece, ritiene che sia meno bello festeggiare magari all’esito della partita della Lazio di mercoledì sera vista dal divano di casa propria; anche queste sono le bizzarrie a cui si assiste quando ci sono di mezzo Napoli ed il Napoli.
Dai, ragazzi.
La delusione deve essere di quelli che, pur di non arrendersi all’idea che possano esserci anche altri attori protagonisti al di fuori delle squadre che tifano, pensano che il Napoli abbia vinto lo scudetto solo grazie al fatto che lo hanno perso le altre squadre.
Oppure di quelli che rosicano perché a Napoli ci si compra le bandierine e le sciarpe per i festeggiamenti con i soldi del reddito di cittadinanza.
Come se quei soldi debbano avere tracciabilità e spesa obbligata: e come se queste debbano per forza essere decise da altri rispetto alle persone (si tratta di persone, non dimentichiamolo) nella cui libera disponibilità il reddito “entra” a tutti gli effetti.
E qui mi sia consentito un piccolo inciso, che ho “in canna” da almeno 3 giorni.
L’eccezione a simili stronzate è, a mio avviso, mal posta.
Una lettura nemmeno tanto approfondita dell’articolo 3, comma 2 della Costituzione, in uno con un approccio alla vita un po’ meno punitivo verso la povertà, produrrebbe automaticamente il pensiero per cui includere, o anche evitare di far vivere al di sotto della soglia di povertà, significa necessariamente dare la possibilità alle persone interessate anche di gioire e di festeggiare per uno scudetto e, in tal caso, anche potendosi agghindare a festa per l’occasione.
Essere poveri non produce solo l’effetto di non avere soldi per mangiare, ma anche di non averli per esercitare tutti quei diritti e quelle facoltà che invece sono destinate a chi i soldi li ha: tra queste, anche la facoltà di godere di piccoli momenti di felicità come quelli di cui stiamo discutendo.
Pensare che il reddito di cittadinanza debba servire, dunque, solo per mangiare (e si badi bene: per mangiare solo roba di merda, perché non sia mai che si mangino anche le aragoste …. che povertà sarebbe mai in tal caso?), e non anche per provare a far godere a chi non ne avrebbe la possibilità economica degli stessi momenti di cui godrebbe chi invece a monte ce l’ha, significa aver capito poco sia di quale sia lo stato dell’arte, sia degli obiettivi a cui certe misure di sostegno devono tendere.
Includere significa tendere all’uguaglianza: uguaglianza significa – concettualmente e giuridicamente – garantire a chiunque di poter godere e sublimare, a piacimento, anche quelle pulsioni che altrimenti sarebbero di esclusiva proprietà di chi ha capacità economiche.
Piaccia o no, è anche in questo che si declina la rimozione degli ostacoli allo sviluppo della persona umana di cui parla la norma costituzionale sopra richiamata; una visione contraria proietta il paese ad una visione così schiavista del concetto di povertà da rigettarlo ad un’epoca medievale.
Eccola qui l’eccezione da fare in materia: il resto sono chiacchiere.
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Il primo gol del Napoli arriva direttamente da calcio d’angolo, ciò che quest’anno non è – per fortuna – una novità, ma lo è per come negli anni passati si sono invece sviluppate le azioni da gol partenopee, che mai praticamente hanno avuto genesi e conclusione finale da calci da fermo.
Il calcio d’angolo è battuto alla perfezione, con traiettoria tesa ed a rientrare per la zona del terzo tempo che viene aggredita, in fila indiana, dal capitano Di Lorenzo e, dietro di lui, da Olivera, che chi scrive continua a ritenere una delle ottime sorprese di quest’anno.
Si compie, in quell’azione, ciò che spesso si vede nei campi da calcio, e cioè che chi salta dietro all’uomo che pur saltando più in alto di tutti non prende il pallone, lo prende e fa gol.
Così avviene anche in quell’occasione: Di Lorenzo stacca molto alto, ma non prende il pallone che invece prende il terzino uruguaiano, a cui, complice la forza stessa della traiettoria impressa alla palla, è sufficiente una minima rotazione della testa per indirizzare il pallone sul palo opposto perché Ochoa (gran partita la sua, ieri) non ci arrivi.
1 a 0, e la certezza di avere nei ranghi un difensore ottimo saltatore di testa non solo in fase difensiva (più volte si è detto della sua bravura nelle chiusure delle diagonali difensive), ma anche in quella offensiva.
Il gol del pareggio della Salernitana, quello che di fatto provoca la festa dei 4000 al rientro della loro squadra a Salerno (che invidia: se avessi anche io tutta questa forza di esultare per le “disgrazie” delle squadre che odio, avrei un palmares di esultanze tali da non dovermi nemmeno scomodare per la vittoria di questo scudetto), è il frutto di un errore a 3 della squadra azzurra.
La palla arriva a Dia in posizione da esterno destro alto.
A quel punto, si compiono, come si diceva, ben 3 errori da parte di 3 difendenti del Napoli interessati all’azione.
Sbaglia Osimhen, il quale, nell’affrontare, uomo contro uomo, l’attaccante della Salernitana, sbaglia sia a non temporeggiare, sia nella scelta del momento in cui cercare di aggredire l’avversario per portargli via il pallone (è, questa, una cosa che non si fa mai dopo che il controllo è stato effettuato, ma durante la fase del controllo stesso).
Poi sbaglia Kvaratskhelia, che non è veloce nel leggere l’azione avversaria e nel raddoppiare la marcatura su Dia, posizionandosi come ci si posiziona, dividendosi le zone del campo interessate, quando si deve andare ad effettuare i raddoppi in questione.
E poi sbaglia Juan Jesus, il quale, lui si, invece di uscire velocemente dalla sua zona di competenza per andare ad affrontare Dia ed evitargli di tirare, sceglie la classica difesa posizionale (rimanendo in pratica fermo sul posto) e lascia calciare verso la porta l’attaccante avversario.
Risultato: Dia si fa 15 metri di campo palla al piede praticamente indisturbato, taglia l’area e riesce a calciare liberamente con il sinistro verso il palo opposto.
La partita finisce.
La festa non ancora, se ne facciano una ragione nelle redazioni e nelle altre piazze d’Italia.