Il merito etico del suo Napoli è stato superiore a quello estetico. Ha reso tutti protagonisti: ha vinto, divertito e migliorato i giocatori
Spalletti ha imposto un’etica del lavoro che gli stereotipi collocavano solo al Nord. Lo scrive la Gazzetta dello Sport.
Luigi Garlando commenta lo scudetto del Napoli. Dovendo raccontare il senso dell’impresa, scrive, è giusto definirlo lo scudetto dei lavoratori.
“Dovendo raccontare il senso di questa impresa, cominceremmo proprio dalla parola «lavoro»”.
Il Napoli ha vinto uno scudetto estetico, con la bellezza del suo calcio, ma anche etico.
“Il Napoli ha giocato il più bel calcio dell’anno, celebrato anche da Klopp, come un tempo Napoli da Goethe, tedeschi in viaggio in Italia. La squadra, appunto, è stata specchio fedele di tutta la bellezza che esprime la città, ma il merito etico è stato superiore a quello estetico”.
Spalletti ha reso protagonisti tutti i suoi giocatori, ha messo al centro l’etica del lavoro, una caratteristica che nell’immaginario comune non appartiene alla gente del Sud.
“Spalletti ha sconfitto organici superiori con la forza del gioco e della volontà. Ci è riuscito limitando il turnover, trattando i suoi giocatori come tennisti Atp o cestisti Nba, abituati a impegni ravvicinati. Il che non vuol dire snobbare le alternative. Simeone (Milan, Roma) e Raspadori (Spezia, Juve) hanno segnato gol-scudetto, Elmas ne ha fatti 6. Spalletti ha reso tutti protagonisti e a tutti ha imposto un’etica del lavoro che gli stereotipi collocavano a latitudini settentrionali. No, i migliori lavoratori del campionato a questo giro stavano a Sud e le cicale dello sperpero a Nord”.
Il merito più grande per questo scudetto, scrive la Gazzetta, è Spalletti.
“In un’ideale gerarchia di meriti, mettiamo al primo posto Luciano Spalletti da Certaldo. Che cosa deve fare un bravo allenatore? Vincere, divertire, migliorare i giocatori. Spalletti, grazie a una gavetta ricca di esperienze e conoscenze, ha realizzato il triplete professionale. Ha educato un gioco moderno, internazionale, per intensità e coraggio, evoluto oltre i vincoli della tradizione difensiva”.
Il tecnico ha lavorato sugli automatismi della squadra rendendoli perfetti, ha ritoccato le posizioni dei giocatori e fatto uno straordinario lavoro sui singoli.
Ovviamente al secondo posto c’è la società, con la sua “coraggiosa rivoluzione estiva” e l’addio al capitano Insigne che, scrive la rosea,
“era un figlio della città e la gioia dei tirraggiro, ma anche l’assuefazione alla sconfitta”.
E, con Insigne, anche Kalidou Koulibaly, che “portava il ricordo di uno scudetto sfumato“, e Dries «Ciro» Mertens, che “ha superato i gol di Maradona, ma non ne ha mai avvicinato il carisma vincente“.
Bravo Giuntoli a scegliere i nuovi eroi del Napoli. Oggi il popolo che festeggia in squadra è lo stesso che criticava ferocemente la campagna acquisti del Napoli.
“C’era bisogno di aria nuova, di nuova fame, di nuovi eroi, senza complessi e senza vincoli con una città che avvinghia e condiziona. Bravo, visionario e coraggioso il d.s. Cristiano Giuntoli a sceglierli: un georgiano, un coreano e due giovani di belle speranze. Il popolo, che ora balla nelle strade, è lo stesso che in estate contestava la pesca di basso profilo”.
Ma lo scudetto del Napoli non è frutto del gioco di un singolo, ma della squadra intera, “è stato un’impresa di gruppo“, “lo scudetto dei pastori, non degli angeli“.