Le dichiarazioni rilasciate ieri da Ventura che continua a considerare giovani dei professionisti che girano l’Europa.
Ci sono delle cose che non tornano, e su cui vogliamo aprire una riflessione. C’entriamo tutti, dal primo all’ultimo. In questo senso, il Napoli è pienamente inserito nel contesto italiano, anche se ha provato e sta provando a chiamarsi fuori con il mercato estivo e ora quasi si sta spingendo di nuovo dentro da solo, con il fortuito e nefasto caso Milik.
Per capire di cosa parliamo, andiamo alle dichiarazioni di ieri sera di Giampiero Ventura. Che di mestiere fa il ct della nazionale, quindi conta qualcosa a livello di immagine per il calcio italiano. Non possiamo parlare di guida spirituale, ma dire che lui sia un uomo che indirizza o comunque debba indirizzare la linea del nostro calcio ci pare corretto. Comunque: «Con i giovani bisogna avere pazienza». I giovani. Poi, come giustamente ha fatto notare Leonardo (uno dei pochissimi commentatori di calcio per cui vale ancora la pena seguire il post-partita) vai a controllare l’età dei titolari di ieri sera in nazionale e ti accorgi che questi giovani hanno 23 anni da compiere (Belotti), 26 anni compiuti (Immobile) o anche 24 (Verratti e De Sciglio), 27 (Bonaventura). Loro erano i più piccoli in campo, ieri sera. Anzi no: c’era Alessio Romagnoli, 21enne del Milan. Ecco, non è un’eccezione che conferma la regola. È un’altra cosa. Forse anche Bernardeschi rientra ancora nella categoria, ma siamo sul filo (22 anni). Ed è stato letteralmente crocifisso quest mattina sui giornali: prestazione opaca, ma per un giovane ci sta. Ecco: Romagnoli, Bernardeschi, Donnarumma. Quelli sono giovani. Non quelli di sopra.
Ovviamente, non è colpa di Ventura in quanto persona e tantomeno come allenatore. Le dichiarazioni sono pure comprensibili perché frutto di un sistema calcistico che ha il risultato come principio fondante di formazione. Il risultato inteso come quello di squadra ma anche come quello personale, con l’idea di non poter perdonare niente a nessuno. Un veloce salto all’indietro per ricordare il primissimo Balotelli, a cui veniva fatta pesare qualsiasi cosa. Di certo, un atteggiamento del genere non ha aiutato Mario a crearsi la giusta autostima. Solo perché, oltre a essere un calciatore fortissimo, ha una personalità debole e discutibile.
Il Napoli, si diceva. Che sta vivendo in queste ore la fase concitata del post-Milik, della metabolizzazione della lunga assenza e quindi della sua sostituzione. Si parla di Klose, e questa è una cosa che dovrebbe far riflettere molto. Proprio sul senso della giovinezza nel nostro calcio, sul fatto che in gran parte dei paesi del mondo ora si lancerebbe un ragazzo della primavera piuttosto che andare a prendere un giocatore di 38 anni fermo da mesi. Cioè, nel senso: il Klose della Lazio ben venga, permetterebbe a Gabbiadini di giocare con le spalle coperte almeno in prospettiva. Ma, in questo modo: dove sono o saranno i nostri Rashford? I nostri Ihenacho, i nostri Morata (15 presenze e 2 gol nella stagione in cui ha compiuto 20 anni), i nostri Martial (titolare inamovibile nel Monaco a neanche 19 anni).
Comprendiamo e capiamo Ventura, ma inquadriamo anche le sue dichiarazioni in un contesto che è troppo impaurito di lanciare davvero i giovani calciatori. Che fa una fatica enorme a staccarsi da Totti e grida all’esperienza come valore necessario, anzi come conditio sine qua non per vincere le partite. Abbiamo detto del Napoli che stava provando a tirarsi fuori col mercato: vero, gli acquisti fatti quest’anno vanno dal 1990 (Tonelli) in giù, fino al 1997 di Diawara (Giaccherini a parte). Vanno fino ai 22 anni per il centravanti titolare, proprio quello che si sta operando in questi minuti al crociato; vanno fino ai 22 anni di Zielinski, ai 21 appena compiuti di Rog. Ma poi, Klose.
Chissà, forse il nostro Ihenacho (Negro, centravanti della Primavera nel frattempo aggregatosi alla prima squadra) non ha davvero il passo per poter giocare a questi livelli. Solo che il problema è proprio questo: non possiamo saperlo finché non lo proviamo. Sarri è a metà del guado: ha la voglia di lanciare i giovani, ma solo dopo un periodo di apprendistato tattico imposto dalla difficile assimilazione delle sue teorie. Ecco, appunto. Klose è un grandissimo calciatore e un grandissimo professionista. Non ci piove. Potrebbe offrire un valido contributo al Napoli. Sarebbe però bello avere un sistema che consenta di “tirare dentro” Negro e cercare di fargli fare il grande salto. Ovviamente da noi non è possibile, al di là delle effettive qualità del calciatore. Visto che i 23enni o anche i 26enni in Nazionale sono ancora «giovani con cui avere pazienza». Anche se hanno già giocato nel Borussia Dortmund, nel Siviglia (Immobile), o sono i migliori attaccanti italiani dell’ultimo campionato (parliamo di Belotti, ovviamente). E poi, guarda caso, segnano proprio loro. Nonostante un problema della giovinezza che sappiamo inventarci solo qui.