Ieri sera, a cena con amici, si è aperta una discussione. Perché De Laurentiis è apparso cupo e scuro in volto negli spogliatoi del San Paolo se ha avallato tutte le scelte di Mazzarri? Perché ha assistito alla conferenza stampa del tecnico, cosa inusuale per il presidente volendo sincerarsi personalmente di quello che Mazzarri avrebbe detto ai giornalisti? Non poteva aspettare le giustificazioni del giorno dopo? Oltretutto, scrivono i giornali, ad ascoltare il tecnico c’erano un po’ tutti: il nuovo direttore generale Fassone, il ds Bigon, il responsabile dell’area marketing Formisano. L’impressione è che il Napoli stia diventando una società all’inglese, con una proprietà, De Laurentiis e un settore tecnico con a capo Mazzarri. Il bagno di oltre cinquanta milioni della campagna acquisti dello scorso anno condotta personalmente dal presidente, ha fatto scuola e ora De Laurentiis sta facendo più o meno questo ragionamento: fermo restando il vincolo di bilancio (uno ne parte, uno ne arriva), caro Mazzarri io ti accontento ma dei risultati tecnici ne rispondi tu e tu solo. Un manager all’inglese con capacità di mercato un po’ più ridotte, diciamo così. Solo in questo modo si giustifica il triennale al tecnico (lui voleva un biennale) e, adesso, l’apertura a Lucarelli che il presidente aveva bollato come inutile. La domanda, infatti, è: come si giustifica l’arrivo di un giocatore bocciato così sonoramente dalla proprietà? L’unica risposta possibile è: ai risultati ci penso io, tu dammi le pedine che ti chiedo. E Quagliarella? Che il tecnico non lo ami è palese, gli preferisce il Pocho. E allora vale il discorso di sempre. Nessuno è indispensabile se arriva l’offerta giusta. E Mou ha dimostrarto di amarlo da quando era all’Inter.
Aurelio e Walter, patto tra tecnico e proprietà
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