La sostituzione è stata il colpo di grazia a un giocatore difficile da gestire dal punto di vista psicologico. Che però, dal canto suo, deve tirare fuori qualcosa di diverso.
Napoli-Roma, minuto numero 53 o giù di lì. Cambio per il Napoli, entra Gabbiadini ed esce Mertens. Chi scrive, sintonizzato su Mediaset Premium, sente la voce ormai familiare e sempre enfatica, nei toni e nelle parole, di Sandro Piccinini: «Clamorosa bocciatura». Come la giri o come la metti, il telecronista più parodiato d’Italia ha perfettamente ragione: Gabbiadini, l’unico attaccante a disposizione della sua squadra, è stato tolto dal campo al 53esimo minuto di una partita che la sua squadra sta perdendo due a zero. In casa. Il vero problema è che, a quel punto, pur dal basso della mia umiltà di appassionato, non so cosa avrei dato a Sarri: un bacio di riconoscenza o un cazzotto?
Nel postpartita, il tecnico spiega che si è trattato di un cambio atto a dare una scossa alla partita. In un certo senso, Sarri ha ragione. Il cambio Mertens-Gabbiadini era l’unica possibilità realmente offensiva rimastagli, ed è l’elevazione a potenza di quello che sarebbe successo poco dopo, con El Kaddouri per Callejon. Una piccola parentesi su quel cambio, che molti hanno giudicato sbagliato, o come un segnale di insofferenza verso il mercato. Molto più semplicemente: se sto perdendo 1-2 in casa con la Roma (ah, si: Mertens è entrato e il Napoli ha segnato, ma ci ritorniamo dopo), non ho altri uomini d’attacco in panchina e voglio/devo sostituire Callejon, chi schiero? Giaccherini o El Kaddouri? Se pensate bene a questa risposta, magari converrete con Sarri. Il giudizio soggettivo, soprattutto ad ampio raggio, è un’altra cosa.
Detto questo, torniamo a Gabbiadini. Che è la croce, purtroppo ancora senza delizia, di questo Napoli. Lo diciamo volendogli un gran bene, lo ripetiamo anche se l’abbiamo già scritto: ha giocato male. E non c’è giustificazione tattica che tenga, almeno per chi scrive: non sei un centravanti come piace al tuo allenatore e come serve a questa squadra, non lo sei mai stato. Ci sta lo smarrimento, ci sta l’errore nella lettura del movimento. Anzi, ci devono stare. Sono cosa che aiutano a capire, a comprendere. Non ci sta l’atteggiamento mentale, dimesso e arrendevole di Manolo nei confronti di sé stesso. Il fatto che, per lui, si giochi così e non si prova nulla di diverso. Sì, ok: le caratteristiche, le attitudini, le qualità fisiche e tecniche. Roba che influenza, che determina, che è difficile da lavare via. Però, diamine: siamo in Serie A, hai l’occasione della vita perché contingenze e fato ti hanno tolto di mezzo Higuain (!!!!!!) e Milik (!), sei un giocatore di alto livello. Devi dare di più, devi dare qualcosa di diverso anche da te stesso. Devi farlo per te, prima di tutto. E poi per chi ti ha (sempre) sostenuto sugli spalti, un pubblico che ha sempre identificato in Gabbiadini un potenziale campione. E che oggi dovrebbe farsi qualche domanda: non sulle doti, quelle sono ineccepibili. Quanto su una reale consistenza, soprattutto mentale, a certe latitudini calcistiche.
Questa era la spiegazione del bacio a Sarri. Il cazzotto, invece, riguarda la sua gestione del caso tecnico e psicologico. Non è facile, perché Gabbiadini rappresenta una bestia calcistica difficile da capire. Ci sono riusciti Benitez (in parte) e Mihajlovic, lui sta fallendo. Come abbiamo visto e scritto sopra, una parte di colpa è pure dell’attaccante bergamasco, che non si mette in condizione di poter essere utile e giusto per la sua squadra (che però fa fatica a non considerarlo un corpo estraneo). Dall’altra parte, però, c’è pure un allenatore che non lo aiuta in nessun modo. Tatticamente, è ancora sbagliato pensare di cambiare il Napoli in funzione di Gabbiadini: una squadra che con Higuain o con Milik riesce ad avere quel rendimento, a giocare quel calcio e a mettere insieme quei numeri non può e non deve essere modificata. Certo è, però, che qualcosa in più potrebbe essere fatto. È stato fatto, forse, costringendo Insigne a lavorare un po’ più vicino alla prima punta e perdendo un po’ di quantità sulla fascia sinistra. Ma è ancora poco, ed è stato fatto male.
La sostituzione (al 53esimo, ricordiamolo) è il colpo di grazia, il colpo finale. Mertens è entrato, ha dato una scossa visibile. Ma è roba di adrenalina, soprattutto, come spiegato da Fabrizio d’Esposito e Ilaria Puglia nelle nostre pagelle. Forse, l’ingresso del belga al posto di Callejon avrebbe potuto aiutare di più Gabbiadini. Forse, con una partita ormai solo da ribaltare, anche l’uscita di un centrocampista (lo stanchissimo Hamsik, magari, costretto anche lui ad uscire poco dopo) e il passaggio a un modulo più spregiudicato avrebbe avuto un impatto diverso. Non possiamo sapere come sarebbe andata. Di certo, l’unica cosa che sarebbe cambiata riguarda proprio Gabbiadini. Che sarebbe rimasto in campo, avrebbe provato a dire la sua e dare il suo. Che forse avrebbe potuto valorizzare meglio la sua prestazione, dare una sterzata e una sferzata al suo futuro. In quel modo, Piccinini non avrebbe potuto parlare di una bocciatura che è sacrosanta nel suo significato lessicale. E che è un assoluto paradosso: è stata pienamente meritata, eppure era l’ultima cosa da fare. Per Gabbiadini, quindi per il Napoli. Perché oggi, e per un po’, Gabbiadini è e sarà uno e solo. E quindi, ci serve.