La Lazio non ha gli strumenti per gestire una cessione così. La verità è che se la Roma avesse battuto il Siviglia, non se ne parlerebbe nemmeno
Che succede in casa Lazio? Il secondo posto, risultato letteralmente straordinario per il club, ha generato il mostro dell’aspettativa da calciomercato: il grande acquisto da status symbol, per contare al tavolo dei grandi. Per ora ci sono solo la grande cessione di Savic, e il grande rumor su Immobile. Chi smania di novità guarda ai soldi arabi come panacea di tutte le ansie, come per Milinkovic Savic: è la cessione perfetta, ricca, quasi ricca scema, e non coinvolge le rivali italiane. Il mercato però non dorme mai: e se arrivasse a Immobile una proposta calcisticamente più seria? Apriti cielo, tocca rifare da capo il dibattito durato mezza mattinata. “Ah quindi Immobile è proprio in vendita?”
La cessione di Savic era prevista. Incognita era la destinazione: Italia, Europa? Nessun grande club ha preso Savic. Destinazione inattesa ma utile alle casse. Nessuno invece immaginava l’ipotesi di cessione di Immobile. Lo storytelling dell’uscita di scena era lontano da costruire. C’erano ancora due anni di contratto per pensare alla standing ovation finale o all’ennesimo rinnovo. Cambiare pagina alla voce Immobile adesso avrebbe un costo enorme, che mediaticamente la Lazio non ha strumenti per gestire e tamponare.
Sui social i tifosi del bilancio mettono la toppa all’ipotesi ma è la toppa peggio del buco, corrono a cercare alibi per la cessione, dall’età alla concorrenza, dal fatalismo ai soldi, alle colpe da assegnare tra Formello e Auronzo. Alibi dettati dai petrodollari ventilati dal rumor, rimozione da Tiffany.
I numeri di Immobile non valgono più oro? I gol da record di Immobile hanno smesso di valere per la Lazio più dello stesso attaccante? Immobile è diventato quindi solo una punta nel mazzo? Una piazza così devota alla memoria di sé, incagliata al proprio museo e alle sue cronache, si è persa in un bicchier d’acqua davanti all’ipotesi più remota.
Con 194 gol in serie A, al momento 8° attaccante di sempre della storia del campionato, Immobile rappresenta un pezzo identitario del club, di cultura sportiva del club, quella che viene proiettata all’esterno e riconosciuta dagli avversari. Immobile è l’ultimo giocatore di una tradizione che lega la Lazio al calcio italiano: il capocannoniere. Dopo Inter, Milan e Juventus, la Lazio è la squadra italiana con più bomber della serie A: un attaccante con la maglia della Lazio ha vinto il titolo 12 volte su 80 stagioni giocate dalla Lazio in serie A: Bernardini, Piola x2, Chinaglia, Giordano, Signori x3, Crespo, Immobile x3. Anche in serie B, su 11 stagioni, la Lazio ha avuto 3 capocannonieri: Chinaglia, Giordano e Garlini.
Se poi si guarda alle statistiche complessive di giocatori che non hanno mai vinto il singolo titolo, e si resta alla sola presidenza Lotito, cioè ultimi 20 anni, numeri importanti e continuità nel ruolo li hanno garantiti Rocchi (105), Pandev (64) Klose (63). Nel post scudetto 2000 ci sono Crespo (48) e Lopez (40). Negli anni che culminano nello scudetto ci sono Inzaghi (55), Salas (48), Boksic (43). Nella cavalcata dei 90, prima dell’arrivo di Mancini, accanto a Signori c’è Casiraghi (56). Prima di Signori c’è Ruben Sosa (47). Inutile ribadire nomi e numeri legati agli 80 e 70, è storia nota e celebrata ogni giorno. Non la poesia, il cuore, il romanticismo, ma la statistica ha creato questa tradizione e la tradizione dice che tutti questi nomi sono figli del centravanti Chinaglia (122), centravanti da scudetto.
Nella classifica assoluta, Immobile è distante 11 gol da Roberto Baggio, al settimo posto in solitaria, che ha chiuso a 37 anni a Brescia una carriera leggendaria. I 33 anni di Immobile sono davvero un problema per la Lazio? Il precedente biancoceleste più recente, è Miroslav Klose che arriva alla Lazio nell’estate 2011, 33 anni pure lui, appena compiuti. Gioca 5 stagioni, segna 63 gol, vince la Coppa Italia 2013 e si qualifica in Champions nel 2015. Sbagliò chi disse che Klose era venuto in vacanza per garantirsi il mondiale 2014, che poi vinse da recordman. “È vecchio” scrivevano sui muri i tifosi avversari. Il precedente più simile, sempre in casa Lazio, è un altro. È bastato un anno alle prese con un infortunio e la maturità sportiva di Immobile è già passata? Non può conoscere altri exploit? Giuseppe Signori, ex capitano Lazio (1922-1997) e tre volte capocannoniere con la maglia del club, è letteralmente risorto nelle stagioni di Bologna, giocando sei campionati fino a 36 anni, e segnando 67 gol (84 complessivi).
A 209 gol, sesto nella classifica assoluta, c’è Antonio Di Natale, nato a ottobre del 1977, due sole squadre in carriera, Empoli e Udinese. Di Natale ha vinto la classifica dei cannonieri con la sua Udinese per due volte di fila (2009/10 e 2010/11). Nel 2010 aveva 33 anni, gli stessi di Immobile. Poco più su, nella classifica assoluta, ci sono Altafini e Meazza, due pilastri. Perché rinunciare? Non è più un traguardo per il club dei bomber?
Al pari di chi nell’ambiente guarda al secondo posto del 2023 come una sliding doors lotitiana attesa dal 2004, c’è un’aria di sufficienza nella gestione dei rumors su Immobile, di irresponsabilità, sciatteria, inadeguatezza, di mancanza di cautela. Come se la cessione oggi fosse un lusso possibile, un lusso in virtù di cosa? Della crescita del club? Per diventare un instant team? Cedere al rumor è diventata una prova di intelligenza, o di forza? E per chi? I rumors arabi hanno posto un problema reale o hanno inventato una soluzione non richiesta? Domande.
Intanto l’ambizione laziale, assetata di novità e in affanno per il ritardo sul calciomercato, si scopre nuda perché proprio “a malincuore” sa che la coperta araba è corta. La giostra di Sarri che ha portato al 2° posto deve ripartire whatever it takes. E poi c’è l’elefante nella stanza del calcio capitolino. Non è dietrologia, lo ha spiegato Guardiola, “il calcio è moneta”. È la domanda: se la Roma avesse battuto il Siviglia, i rumors su Immobile avrebbero trovato spazio?