A Sette: «Non viene dato abbastanza peso alla psicologia del professionista. Non è semplice ricevere giudizi da chi non ti conosce e non sa come funzionano le cose».

Giovedì sono iniziati i Mondiali di calcio femminile in Australia e Nuova Zelanda. Sette, settimanale del Corriere della Sera, intervista Barbara Bonansea, colonna della Juventus Women, inclusa dalla FIFPro nella formazione dell’anno 2020 e 2021 e dalla Figc nella Hall of Fame del calcio italiano.
La Bonansea ha 32 anni, con la maglia della Nazionale ha messo a segno 30 gol in 91 presenze, amichevoli incluse. E’ alla Juventus Women dal 2017. Prima, ha giocato a Torino e Brescia. Annovera in bacheca 7 scudetti, 5 Coppe
Italia e 6 Supercoppe italiane.
La Bonansea commenta l’esclusione dalla Nazionale femminile di Sara Gama.
«Effettivamente è molto strano non avere qui con noi la capitana. È infatti sempre stata un punto di riferimento molto importante: in campo non molla mai, mentre fuori si è spesa a favore dei nostri diritti. La sua quindi è
un’assenza che si sente, molto pesante anche dal punto di vista umano».
Che idea si è fatta delle colleghe più giovani?
«Quindici anni fa noi avevamo un campo e un pallone. Punto. Oggi invece possiamo contare su servizi e attrezzature che prima non c’erano, per cui loro sono un po’ più fortunate. Vedo comunque che sono ugualmente dedite al lavoro e determinate a raggiungere i propri obiettivi. Poi certo, c’è chi ha più testa e chi meno, non tutte hanno ancora inquadrato al meglio il contesto in cui si trovano, ma in generale vedo un futuro brillante».
Sui Mondiali:
«Il girone con Argentina, Svezia e Sudafrica non è semplice, ma lo considero alla portata: se giocheremo bene le nostre carte, contiamo di passarlo. Chiaro poi che il difficile arriverebbe agli ottavi, dove con ogni probabilità incontreremmo l’Olanda o gli Stati Uniti. Io però non voglio più considerarmi inferiore a nessuno né sentir parlare di presunti gap da colmare: ovvio, in Italia con il calcio siamo partite più tardi, ma noi abbiamo voglia, un sacco di passione e anche con le squadre di club abbiamo dimostrato di potercela giocare con corazzate contro cui nessuno avrebbe mai scommesso in un nostro risultato positivo».
In passato la Bonansea ha raccontato dei commenti discriminatori che le venivano indirizzati dagli spalti. Le viene chiesto se ci pensa ancora, quando è in campo.
«Punto più che altro a dare prova che anche noi possiamo giocare bene a calcio. Ricevere i complimenti di chi sottovalutava il nostro livello tecnico continua a farmi sempre piacere. Ciò che muove davvero la mia passione resta tuttavia la voglia di divertirmi, proprio come quando ho iniziato».
Ciò che invece non sopporta sono le domande banali che vengono rivolte alle calciatrici.
«Sono semmai un po’ stanca delle domande più banali: “Il mister si cambia in spogliatoio con voi?”, “Davvero il campo è grande come quello dei maschi?”, e così via. Ma per il resto quando qualcuno ti chiede qualcosa significa che è mosso da curiosità, per cui sono felice di rispondere».
C’è qualcosa di cui le piacerebbe parlare ma non ha ancora avuto occasione di farlo? Bonansea:
«Credo che non venga dato abbastanza peso alla psicologia dell’atleta professionista. Non è infatti semplice competere ad alti livelli e ricevere giudizi da parte di persone che non ti conoscono e non sanno come funzionano le cose. Mi riferisco ai social, ma anche ai giornalisti: la gente non sa cosa può succedere nell’arco di una stagione, come e quanto ti sei allenata, il tuo rapporto con le compagne, l’allenatore, il direttore sportivo eccetera. Ci sono così tante variabili che essere giudicata negativamente per una sola partita storta, ecco, non è bello. Bisognerebbe parlarne di più, d’altronde solo se si sta bene mentalmente poi è possibile performare al meglio».
Che futuro vede per il calcio femminile italiano? Bonansea:
«Dopo i Mondiali del 2019 il movimento era cresciuto molto, adesso si sta riprendendo dalla fisiologica battuta d’arresto dovuta al Covid. Ora sta a noi ben figurare per dare un’altra “bella botta” a chi ci guarderà, ricreando quel circolo virtuoso che alimenta la passione e dimostrando nuovamente che anche noi donne, con il calcio, ci sappiamo fare».