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Brignano: «Abito vicino a Giorgia, la sento cantare. Ci incontriamo ai bidoni con i sacchetti dell’umido»

Al CorSera: «Papà faceva il fruttivendolo. Pulivo le verdure, spostavo le cassette. La romanità non c’è più, quella di adesso è cafona»

Brignano: «Abito vicino a Giorgia, la sento cantare. Ci incontriamo ai bidoni con i sacchetti dell’umido»

Sul Corriere della Sera un’intervista a Enrico Brignano. Racconta la sua infanzia a Dragona, nella periferia sud di Roma e la sua famiglia.

«Non era nemmeno segnata su Tuttocittà. Capitava tra D1 e D14, proprio in mezzo alla piega. Per le strade girava l’eroina, ma se arrivavi a quel punto eri già perduto da tempo. E c’era la banda della Magliana, però a casa mia a mantenere l’ordine ci pensava papà Antonino».

Brignano parla della sua famiglia.

«Famiglia piccolo-borghese, quel poco che avevi te lo facevi bastare. Papà faceva il fruttivendolo. Pulivo le verdure, spostavo le cassette. I bambini devono imparare, sennò crescono che non sanno fare niente, manco la pasta, non sanno se ci vuole l’acqua o si cuoce al sole. Per divertirsi c’era il campetto. O le giostre, alla festa patronale di Santa Maria Ausiliatrice, “Tieni ‘ste cinquemila lire e portami il resto”. La prima camera da solo l’ho avuta a 30 anni, quando sono andato via di casa»

Le prime prove da attore le fece sul trenino Roma Lido che prendeva ogni giorno per andare a scuola: studiava da tecnico di industrie meccaniche, il padre teneva al pezzo di carta.

«Tra una fermata e l’altra proponevo le imitazioni: Corrado, Mike, Vanoni, Fabrizi, Fanfani e Andreotti. La gente si divertiva. Ma io controllavo chi non rideva. Mi prendeva d’aceto. E mi accanivo finché non cedeva».

Poi, Brignano incontrò Proietti.

«Lo vidi in tv, parlava del suo laboratorio teatrale. A 17 anni, accompagnato da mamma e papà, andai a Trastevere a chiedere informazioni. Quando Gigi entrò, quasi non riuscivo a parlare, ero tesissimo, volevo morire sul posto. Lui impassibile. Disperato, attaccai con lo sketch dell’annuncio dei treni in partenza, ripetuto in ogni dialetto. Alla fine ridevano tutti i provinanti. E pure Gigi. Mi ero fatto le ossa con le serenate sotto ai balconi. In sei, vestiti da Rugantino, pantaloni di velluto pure ad agosto. Ci davano 700 mila lire, una piotta a testa».

Brignano parla della romanità, che non esiste più.

«Siamo in caduta libera, nel declino totale anche della lingua. Ridotti al “Bella, fratè”. La romanità vera non c’è più. Quella di adesso — auto a noleggio e mazzette di soldi mostrate su TikTok — non mi piace, è cafona e sgraziata. Il coatto buono di cuore non esiste più, rimpiazzato da gente che si tatua il filo spinato sul braccio o si fa il polpaccio nero, manco avesse strusciato contro la marmitta».

La sua vicina di casa è Giorgia.

«A due appartamenti dal mio. La sento cantare. Ci incontriamo ai bidoni con i sacchetti dell’umido».

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