Godono tutti, anche e soprattutto il mondo istituzionale, quello che racconta barzellette sconce e misura tutto con Ie “palle”
Dev’essere il bisogno estivo d’inseguire il dibattito virale del periodo. Al Giornale si son dati di gomito e hanno riletto il comunicato di sfogo dell’Italia femminile (“Abbiamo sentito poca fiducia, non ci hanno messo nelle condizioni di ottenere risultati diversi”) in chiave Barbie. Prendi una bambola di plastica, ne fai metafora del mondo, e ci sarà sempre qualcuno che non avrà capito il messaggio. O lo piegherà ai suoi bisogni. Nel caso di Riccardo Signori ecco l’editoriale al testosterone, fradicio di luoghi comuni e maschilismo:
le ragazze hanno ricordato che la donna ha un carattere diciamo nervoso, impulsivo, istintivo, viscerale, umorale, temperamentoso. Come un riccio che vuol lasciarti i pungiglioni nelle carni.
Mancano le “mestruazioni”, e le femmine fisiologicamente “isteriche”, “uterine”. Ma ci siamo capiti, no? Occhiolino, amici maschi che “mai sono arrivati a tanto”. A mettere, cioè, nero su bianco una presa di posizione esemplare – al di là del merito sportivo – contro la Federcalcio che manco un dirigente ha mandato al Mondiale. L’Australia è lontana, sai le note spese.
Invece è palese che c’è tutto un mondo “endofederale” (questa è registrata alla Siae di Gravina) che quando il Sud Africa ha segnato il 3-2 dell’eliminazione azzurra ha tirato un profondo sospiro di sollievo. E pure sto Mondiale ce lo siamo tolto dalle palle. Ché le palle, in quel mondo lì, sono ancora la misura di un sacco di cose.
Non ci inventiamo niente: un paio di anni fa spuntarono le registrazioni delle riunioni in Lega Calcio, con Malagò che raccontava le barzellette sconce, e il Viperetta che sfanculava gente a casaccio. Lo stesso Malagò che appena un paio di settimane fa commentava così la telecronaca sessista della Rai ai Mondiali di tuffi:
“tutte queste frasi sono state dette in un fuorionda, diciamo che sono stati superficiali e sfortunati. Purtroppo sono stati ascoltati, quindi non è certo buona pubblicità. Detto questo nella vita tutti abbiamo sbagliato”.
Un Bagaglino perfettamente aderente alla rappresentazione del Paese reale. All’esterno, filtrate dal lavoro ingrato degli uffici stampa, escono poi i panegirici dal sapor democristiano che dicono sempre senza dire. Perché i maschi del pallone italiano son così, dal primo dirigente all’ultima riserva convocata di striscio: le “palle” (scusate, ci atteniamo al metro cogente) per scrivere un comunicato come quello delle nazionali italiane non ce l’hanno. Se proprio devono, parlano al giornalista amico, e rinfacciano di sponda.
No, Vieri che in conferenza stampa dice d’essere può uomo di tutti i giornalisti presenti non vale. C’è tutta una letteratura sui giornalisti vilipesi in sala stampa. Non fanno testo. I dirigenti però non si toccano, non si fa. E’ un galateo istituzionale che evidentemente alle femmine non è stato insegnato: sono animali strani, ricci incazzati coi pungiglioni.
Eppure veniamo da anni di figuracce clamorose, di eliminazioni ben più dolorose. L’Italia degli uomini che “mai scriverebbero un comunicato così” al Mondiale non la vedono dal 2014. E forse andrebbe sottolineato, come fanno in Germania dove pure elaborano lo stesso lutto con ben altro trasporto, che il destino del calcio nazionale non è disgiunto per genere. Anzi, in quota parte il calcio femminile riflette il sistema in generale: fallisce l’Italia, maschi e femmine; fallisce la Germania, maschi e femmine; vola il Marocco, uomini o donne che siano.
La Süddeutsche Zeitung titola così: “Bella la parità di genere, ma non così!”. E’ Barbie ma è anche Ken, insomma. Le bambole di plastica il ciclo mestruale non ce l’hanno.