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La politica del Napoli è sempre la stessa, anche le trattative naufragate: da Gonalons a James

L’addio di Giuntoli è sopravvalutato: Natan e Cajuste come tanti acquisti degli anni scorsi. Il Napoli resta di seconda fascia anche dopo lo scudetto

La politica del Napoli è sempre la stessa, anche le trattative naufragate: da Gonalons a James
Db Rio de Janeiro (Brasile) 28/06/2014 - Mondiali di calcio Brasile 2014 / Colombia-Uruguay / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: James Rodriguez

Il calciomercato che stiamo vivendo e che terrà banco per un’altra settimana è sicuramente inconsueto. La prima enorme novità è che il Napoli la sta affrontando con il tricolore cucito sulla maglia. La seconda è che nelle trattative alle quali siamo abituati si sono inseriti i club che militano nella lega saudita professionistica e lo hanno fatto, come di consueto da quelle parti, in grande stile, ovvero a suon di milioni.

Nelle leghe europee erano già presenti un tutto sommato ristretto numero di club appartenenti agli sceicchi del Qatar [il PSG, l’Eupen (prima serie calcio belga) e il Cultural Leonesa (terza serie calcio spagnolo)], dell’Arabia Saudita [il Beerschot (prima serie calcio belga), lo Sheffield United (seconda serie calcio inglese), lo Chateauroux (terza serie calcio francese), l’Almeria (seconda serie calcio spagnolo) e l’ultimo arrivato Newcastle)], del Barhain (il Wigan, terza serie dell’Inghilterra) e degli Emirati Arabi Uniti [i campioni d’Europa e dell’Inghilterra del Manchester City, il Girona (seconda serie spagnola), il Troyes (prima serie Francese) e il Lommel (seconda serie calcio belga)] ed è innegabile che soprattutto PSG e Manchester City abbiano da tempo impresso un cambio di marcia all’aumento degli ingaggi dei top player.

Ora, però, come dicevamo è sceso in campo un intero campionato, quello saudita, con le sue 18 squadre, il che vuol dire circa 400 calciatori. Se la decisione è (come pare) quella di attingere a piene mani dai campionati europei, con offerte in danaro non alla portata del vecchio continente, significa che nel giro di un paio di stagioni potremmo assistere alla migrazione di un paio di centinaia di talenti dalle nostre leghe verso il Paese degli sceicchi. E, se anche gli altri Paesi arabi decidessero di seguire la stessa via, questo numero potrebbe dover essere moltiplicato per tre o per quattro a seconda delle circostanze.

È senz’altro un cambio di paradigma, qualcosa che in passato (e ancora oggi) vivono i Paesi del Sud America, da sempre fucina di talenti e terra di emigrazione verso i campionati europei.

Dovremo abituarci anche noi a poter vedere i campioni europei giocare nei nostri campionati solo ad inizio e fine carriera? Non credo che nessuno al momento sia in grado di dare una risposta a questa domanda. Ci sono troppe incognite. C’è chi vede una strategia araba volta a sottomettere l’occidente, come preconizzato da Michel Houellebecq, e chi invece pensa che sia un capriccio passeggero degli sceicchi, che presto si stuferanno e decideranno di investire i loro petroldollari in altre attività.

Per quanto mi riguarda credo che difficilmente il calcio arabo prenderà il sopravvento su quello europeo, troppa è la distanza culturale tra i due contendenti, troppa è la differenza di passione e a meno che gli sceicchi non decidano di comprare anche gli spettatori, mi sembra un giochino destinato a durare poco. Ma lo vedremo nei prossimi anni.

Le due novità di cui parlavo all’inizio si sono intrecciate più volte in questi mesi. In procinto di andare in Arabia Saudita è stato Zielinski, ad andarci è stato invece Gabriel Veiga, con tanto di sfottò da parte dello sceicco di turno. Sul filo delle indiscrezioni corre invece la voce che vorrebbe Osimhen destinatario di una maxi offerta.

Lo scudetto e l’incombenza delle offerte arabe hanno, è questa la domanda, cambiato il ruolo del Napoli nel calcio italiano?

A mio avviso no. Come sostengo da tempo, il Napoli è una realtà di seconda fascia in Italia e in Europa, non è un posto per top player affermati, ma per giocatori ambiziosi che hanno voglia di misurarsi con un campionato difficile, ancorché sempre meno attrattivo.

Quest’anno è andato via Kim, presto o tardi andranno via anche Osimhen e Kvaratskhelia, per il semplicissimo motivo che sono campioni e troveranno chi è in grado di pagarli quanto il Napoli non potrà mai fare.

Rinnovarsi di continuo e comprare giovani talenti è l’unica strada che il Napoli può percorrere se vuole rimanere al vertice e provare ogni tanto a vincere qualche titolo. Sotto questo aspetto poco importa se l’offerta che il Napoli non può pareggiare provenga dal Bayern Monaco o dall’Al-Ahli. Certo, aumenta la concorrenza, ma il numero dei calciatori da scoprire è talmente enorme che non saranno i due o trecento acquisti che potrà permettersi la lega saudita a stravolgere tutto. Al massimo sarà un po’ più complicato e poi va considerato che il flusso in questo momento è a senso unico dall’Europa verso l’Arabia, ma prima o poi se ne creerà anche uno inverso.

Anche l’addio di Giuntoli, a mio avviso ingiustamente sopravvalutato dai media, non mi pare che abbia avuto questo impatto devastante sul Napoli. Gli acquisti di Natan e Cajuste mi sembrano in linea con tanti altri compiuti dagli azzurri negli scorsi anni (Elmas, Kim, Kvara, Ounas, Rog, Anguissa, Younes per citare qualche nome rivelatosi un affare e qualche nome rivelatosi un fiasco).
Persino la trattativa fiume naufragata per Veiga si inserisce nel solco di una lunga tradizione che va da Soriano a Pépé, da Gonalons a James Rodriguez, tutti sfumati quando l’affare pareva oramai certo.

Insomma, il Napoli continua a fare il Napoli nel modo che gli ha consentito di qualificarsi per 15 anni di seguito alle coppe europee e di vincere uno scudetto, tre coppe Italia e una Supercoppa. Per adesso direi che il gap mostruoso che divideva gli azzurri dal resto della Serie A non si sia colmato. Tutte hanno cambiato molto, mentre il Napoli se non sembra aver trovato il guizzo di mercato per fare un balzo in avanti è pur vero che finora ha dovuto dire addio solo a Kim e Ndombelé. Ci sarà da valutare gli effetti del cambio tra Garcia e Spalletti, sicuramente, così come andranno misurati i passi in avanti che sembrano aver fatto Fiorentina e Atalanta.  Tutto sommato, però, direi che si può tranquillamente pronosticare una stagione di vertice per gli azzurri, il cui obiettivo plausibile (ribadito anche dal mister) non può che essere quello di conquistare un posto in Champions League per l’anno prossimo.

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