È vero, ha dominato il primo tempo. Ma è vero anche che quando la squadra si è sfilacciata, il tecnico non ha preso contromisure
Una sconfitta tattica
Contro la Lazio, il Napoli ha perso la partita delle distanze. Fino a quando ha avuto la forza – intesa proprio come capacità e autonomia atletica – di accorciare bene il campo, la squadra di Garcia ha concesso e rischiato poco. Una volta esaurita la sua riserva di energia, è stata letteralmente spazzata via dal campo. A dirla tutta, anche gli avversari hanno avuto i loro meriti: Sarri ha impostato una partita essenzialmente d’attesa, ma non ha mai rinunciato ad attirare il pressing del Napoli muovendo il pallone.
In questo modo, ha attentato alle scorte fisiche dei suoi avversari. E poi ha vinto, trovando gli appunti sublimi di Luis Alberto. Non stiamo parlando del gol di tacco, né tantomeno del velo geniale che la liberato Kamada in occasione della seconda rete. Stiamo parlando di tutte le palle controllate, ripulite e rigiocate dopo la costruzione dal basso dei suoi compagni. È in quei momenti, è in quelle giocate, che il Napoli ha perso le distanze, la partita tattica. E poi anche quella vera.
Ma andiamo con ordine, partendo dalle formazioni iniziali. Nessun cambiamento significativo né per Garcia né tantomeno per Sarri: 4-3-3/4-4-2 per il tecnico francese, 4-3-3/4-5-1 per quello toscano; confermati quasi tutti i giocatori schierati una settimana fa: l’unico cambiamento è stato l’inserimento Hysaj per Lazzari, solo che l’albanese ha giocato a sinistra – con Marusic sull’altra fascia.
Il Napoli ha iniziato bene la gara: baricentro alto (57,2 metri nel primo tempo), pressing ben organizzato e soprattutto grande aggressività nella riconquista. La Lazio non è mai uscita dalla sua metà campo. A dirlo sono i dati: alla mezz’ora di gioco, un attimo prima del gol di Luis Alberto, la squadra di Sarri aveva messo insieme il 38% del possesso palla, 0 tiri tentati, 98 passaggi completati; di contro, il Napoli è arrivato a quota 8 tiri, con il 68% di possesso palla e 173 passaggi completati.
Il pressing del Napoli (quando ha funzionato)
In questi screen si vede come il Napoli sia riuscito a imporre il suo dominio fino al 30′: pressione sistematica di Osimhen e Zielinski sui centrali avversari; i quattro centrocampisti dentro la trequarti avversaria per inibire lo scarico tra le linee; difesa alta per togliere profondità a Immobile. L’unico problema, non di poco conto per la squadra di Garcia, è stata la mancata concretizzazione di questa fase (nettamente) favorevole. Degli 8 tiri di cui abbiamo detto, solo 2 sono finiti nello specchio della porta: quello di Kvaratskhelia (botta improvvisa deviata da Provedel) e la punizione di Zielinski, entrambi da fuori area. L’unica altra occasione davvero pericolosa è arrivata – ancora – su palla inattiva, un colpo di testa di Osimhen sugli sviluppi di un angolo.
Alla luce di questi dati e di queste evidenze, Garcia fa benissimo a parlare di «primo tempo dominato» e di «troppa imprecisione sotto porta da parte dei miei giocatori». Allo stesso tempo, però, l’allenatore francese dovrebbe anche notare e sottolineare come l’atteggiamento difensivo della Lazio abbia finito per depotenziare Osimhen e per costringere il Napoli a tentare tiri con scarsa percentuale di successo – 5 delle 8 conclusioni scoccate fino alla mezz’ora sono arrivate da fuori area.
Il baricentro medio delle due squadre nella prima frazione di gioco
Ma come ha fatto la Lazio a difendersi con ordine e a non farsi travolgere nella prima mezz’ora? Tutto parte dal grafico che vedete sopra: Sarri ha schierato la sua squadra con un baricentro basso, eppure non ha schiacciato la difesa in area di rigore. In questo modo, ha tolto profondità a Osimhen e ha costretto il Napoli a muovere il pallone in spazi perennemente intasati, quindi strettissimi.
Come detto in apertura, la squadra biancoceleste ha impostato una gara difensiva, d’attesa, ma non con un atteggiamento passivo. Ha usato la stessa strategia che, sei mesi fa, produsse una Napoli-Lazio del tutto simile, con Osimhen totalmente disinnescato. I ricorsi storici sono tanti: anche a marzo scorso Sarri inserì Hysaj a sinistra e spostò Marusic a destra; anche a marzo scorso Sarri utilizzò Zaccagni e Felipe Anderson come terzini aggiunti, anche a marzo scorso Sarri tenne il baricentro piuttosto basso senza però abbassare troppo la linea difensiva.
Il gol di Luis Alberto
Il dominio del Napoli è terminato alla mezz’ora. Anzi, si può individuare il momento esatto in cui la partita è girata: con un passaggio interno verso Felipe Anderson, Marusic ha tagliato la linea Lobotka-Kvaratskhelia e quindi ha disinnescato completamente il pressing del Napoli. A quel punto, la posizione larga a destra di Kamada ha determinato la superiorità numerica che ha portato all’uno contro uno tra Felipe Anderson e Mati Olivera. Da lì in poi, tutti gli scompensi arrivano a cascata.
Il gol di Luis Alberto
Basta rivedere questo video per capire che si tratta di gol costruito in modo semplice. Allo stesso tempo, però, ha messo in evidenza il vero problema manifestato dal Napoli ieri sera: la difficoltà a recuperare dopo aver fallito il primo pressing. È una conseguenza diretta dell’atteggiamento aggressivo in fase difensiva, ma anche della condizione fisica ancora non ottimale: Olivera è venuto a prendere Felipe Anderson alto ed è fuori posizione dopo lo scambio tra Kamada e Cataldi; Kvara non riesce a ripiegare in tempo e a garantire il raddoppio; Juan Jesus esce a coprire Olivera, Anguissa prende il suo posto ma si perde Luis Alberto; Rrrahmani accorcia con un attimo di ritardo e Meret è in posizione troppo ravvicinata per poter rispondere al colpo di tacco del fantasista spagnolo.
È sempre difficile correre all’indietro, ma forse Kvara e Anguissa avrebbero potuto fare di più, se avessero avuto più energie. Il punto, se vogliamo, è proprio questo: se Garcia ha scelto – senza che nessuno glielo imponesse, ovviamente – di costruire una squadra che gioca sempre in maniera aggressiva, difendendo alta e in avanti, deve mettere in conto questo tipo di situazioni. E deve inventarsi i correttivi adatti per non subire questo tipo di imbucate se i suoi giocatori non possono reggere certi ritmi oltre una certa soglia.
In fondo la tattica calcistica è tutto un gioco di equilibrio e di incastri: Rrahmani qualche giorno fa ha detto che la differenza tra il tecnico francese e Spalletti sta nel fatto che «ora rischiamo meno ripartendo palla al piede dalla difesa», ed è una scelta legittima. Il problema è che una fase di non possesso impostata in questo modo determina altri tipi di rischi. Anche questa è una scelta legittima, per carità. E potrebbe rivelarsi giusta, alla lunga. Contro la Lazio, però, si è rivelata sbagliata.
Luis Alberto
Nella squadra di Sarri, infatti, c’è un calciatore di livello superiore – quantomeno in alcuni aspetti del gioco – che ha determinato la vittoria contro il Napoli. Si tratta di Luis Alberto. L’abbiamo già detto sopra, ma ripetersi non è peccato, in certi casi: lo spagnolo ha segnato il primo gol ed è stato decisivo nel rifinire – anche senza toccare la palla ¬ l’azione che ha portato al raddoppio di Kamada. Ma, più di ogni altra cosa, è stato l’uomo che ha permesso alla Lazio di prendere in mano la partita dopo che il Napoli ha sparato le sue ultime cartucce all’inizio della ripresa.
Partiamo dai dati, come al solito: nel secondo tempo, Luis Alberto è stato il secondo giocatore della Lazio per numero di palloni toccati (29) dietro Marusic (33). Ma bisogna andare oltre la quantità, bisogna pesare la qualità e la geografia delle sue giocate: il centrocampista spagnolo si è mosso in ogni direzione per offrire il giusto sfogo alla costruzione bassa dei suoi compagni. E poi ha tenuto una percentuale di precisione negli appoggi pari all’82% (quota record tra tutti i suoi compagni), ha servito un passaggio chiave e ha anche vinto 2 contrasti su 2.
Tutti i palloni giocati da Luis Alberto nella ripresa: è la mappa di un tuttocampista, più che di un centrocampista
Insomma, per dirla brevemente: mentre il Napoli faticava – eufemismo – a costruire gioco, fiaccato nel fisico e nei meccanismi e nello spirito dall’andamento della gara, alla Lazio è bastato appoggiarsi a Luis Alberto per uscire quasi sempre dalla propria metà campo. Il gol di Kamada in realtà è nato in modo casuale, da una palla persa da Zielinski mentre Olivera si sovrapponeva internamente a Kvaratskhelia, ma è dopo quell’azione che la squadra di Garcia ha perso completamente il controllo di sé e della partita. È dopo quell’azione che Luis Alberto, invece, si è preso la scena.
Aggressività uguale frenesia
Per capire cosa ha sbagliato il Napoli, basta guardare un frame della gara: quello estrapolato nel momento in cui un pallone di Hysaj ha tagliato le linee del pressing – proprio come quello di Marusic nel primo tempo – e ha trovato Immobile in posizione di mezzala sinistra. Quello che porterà al gol – poi annullato per fuorigioco millimetrico – di Zaccagni in fondo è un passaggio semplice, ma basta a mandare in tilt un Napoli schierato in modo troppo aggressivo. Ed è un discorso che magari può partire dalla mancata sostituzione di Kim Min-jae sul mercato, ma che deve arrivare alle scelte di Garcia. Ecco il frame di cui parliamo:
Rrahmani è uscito altissimo a raddoppiare Di Lorenzo su Zaccagni; Juan Jesus ha seguito Immobile; Guendouzi è solo al centro; Olivera è a metà strada tra il centrocampista francese e Felipe Anderson
Certo, il risultato era compromesso, alcuni cambi erano già stati fatti – tra poco ne parleremo – e c’era un’evidente pressione sulle spalle del Napoli. Ma è vero pure che eravamo al minuto 66′, quindi mancava mezz’ora alla fine della partita. Insomma, non era ancora tempo di difendere in modo così aggressivo e quindi frenetico. Va anche detto che l’appoggio di Hysaj e il movimento a venire incontro di Immobile sono due giocate intelligenti e aprono un bello spazio alla Lazio. Il punto, però, è che neanche Kim Min-jae – e forse neanche Superman – avrebbe potuto coprire tutto quel campo lasciato libero. Con Guendouzi, tra l’altro, non seguito da nessun avversario in un movimento elementare per una mezzala del 4-3-3: la sostituzione del centravanti uscito a farsi dare palla.
Un allenatore che vede sfilacciarsi così la sua squadra deve intervenire. Deve riportare l’ordine. A maggior ragione se poi, a fine partita, dice che «quando non riesci a vincere, devi riuscire a non perdere». Non ci sono ideologie che tengano: una volta appurata l’impossibilità a difendere alto, perché la Lazio sta giocando bene e Luis Alberto ti sta facendo a fette, è necessario cambiare atteggiamento. Garcia non l’ha fatto. Anzi, il Napoli ha rischiato diverse volte di subire gol alla stessa identica maniera. Vale a dire esasperando il pressing e facendosi trovare impreparato in transizione.
I cambi e il mercato
Poco prima dei due gol annullati alla Lazio, Garcia ha provato a modificare qualcosa in avanti. Ha inserito Raspadori al posto di Kvaratskhelia e Mário Rui al posto di Olivera. Due scelte che, col senno di poi, si sono rivelate inesatte. Perché il Napoli ha continuato a costruire pochissimo – appena 5 tiri, di cui solo 2 su azione manovrata, entrambi scoccati da fuori area – e anzi ha perso imprevedibilità, senza il georgiano. Poi è entrato Lindstrom al posto di Politano, e solamente al minuto 85 Garcia ha rinunciato a un centrocampista per inserire Simeone. Forse anche il tecnico francese si è reso conto che il suo Napoli aveva bisogno di non perdere completamente il controllo a metà campo, ma il problema – come detto – non è stato di spaziature, o quantomeno non solo: il Napoli è riuscito a fare la partita che voleva fare solo per la prima mezz’ora della gara.
Ora è inevitabile chiedersi: questo Napoli è pronto per giocare come vuole Garcia? Ha preso e/o aveva già in rosa i calciatori giusti per questo tipo di approccio, così aggressivo e radicale? Come scritto da Massimiliano Gallo, la mancata sostituzione di Kim Min-jae sul mercato, almeno fino a che non vedremo giocare Natan, resta un dato. Anzi: resta un fatto. Come evidenziato anche in alcuni passaggi di questa analisi, però, neanche il sudcoreano avrebbe potuto evitare una parte delle azioni costruite dalla Lazio, una parte degli scompensi accusati dal Napoli. E poi c’è anche il tema della condizione fisica: siamo al 2 settembre e alla terza giornata di campionato, forse i giocatori azzurri non hanno ancora lo smalto che serve per interpretare le partite come vuole Garcia.
Conclusioni
Infine, c’è da considerare la Lazio. Il valore, la preparazione tattica, anche la condizione mentale – due sconfitte consecutive nelle prime due giornate – della squadra di Sarri. In fondo sei mesi fa, all’apice della grande stagione del Napoli, questa stessa Lazio imbrigliò gli azzurri con delle mosse tattiche pressoché identiche. È evidente, le attenuanti ci sono. Non per la sconfitta in sé, quella resta nella classifica e segna un evidente passo indietro per la squadra di Garcia. Più che altro, però, bisogna dar tempo al tecnico francese, così come ai giocatori. È necessario supportarli, perché stanno provando a costruire e quindi a fare qualcosa di nuovo.
In fondo, contro Frosinone e Sassuolo, lo stesso approccio a folate – fatto di intensità estrema ma anche di fasi meno aggressive – ha portato a due risultati positivi. A due vittorie comode, tutto sommato. La Lazio ha valori superiori e, come dimostrato, non si incastra bene con le caratteristiche e le qualità del Napoli. È anche la seconda classificata dell’ultimo campionato, non a caso.
Insomma, è chiaro che il Napoli affronterà poche altre volte un avversario di questo tipo. E allora non c’è ancora da preoccuparsi davvero. Ma Garcia deve lavorare per impostare meglio anche queste partite, per rendere meno prevedibile il suo gioco offensivo e/o meno perforabile il suo pressing. È vero che ci saranno poche squadre come la Lazio, sul suo cammino, ma allo stesso tempo è certo che dovrà sfidare anche Inter, Milan, Juventus e Real Madrid. Meglio prepararsi, ecco.