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«Ma stai parlando ancora?», così a Napoli è morto Giovanbattista Cutolo (Repubblica)

Gli atti dell’inchiesta ricostruiti da Conchita Sannino. La maionese versata sui capelli di un amico di Giovanbattista e poi l’esecuzione. “Vomitava sangue”

«Ma stai parlando ancora?», così a Napoli è morto Giovanbattista Cutolo (Repubblica)
Napoli, i funerali di Gianbattista Cutolo il giovane musicista ucciso per futili motivi da un ragazzo di 16 anni con tre colpi di arma da fuoco, si sono svolti nella chiesa del Gesù nuovo a piazza del Gesù. - Salvatore Lapèorta / Kontrolab

Riportiamo buona parte dell’articolo dell’edizione napoletana di Repubblica, a firma Conchita Sannino, sulla ricorstruzione dell’omicidio, in piazza Municipio a Napoli, di Giovanbattista Cutolo per mano di un ragazzo di 16 anni. Ecco come sono andate le cose. Una ricostruzione che testimonia una realtà raccapricciante. 

Ha cominciato il branco. «Ma stai parlando ancora?» . Hanno cominciato loro, prendendo della maionese e versandola sui capelli di un amico di Giovanbattista Cutolo. Quando ormai la precedente e brevissima futile questione del parcheggio, per un motorino, si era già consumata e sembrava tutto tranquillo. Ore 4.20 circa. Paninoteca di piazza Municipio. All’improvviso A., la giovane ragazza della comitiva di Cutolo e compagni, vede il suo amico vessato, dice all’aggressore: “Ma non stai bene?” . È il branco attacca. Pugni, calci. Volano sedie, fino a quando Luigi, il 17enne, diventa a freddo, l’esecutore di un innocente musicista, assassino per noia.
Ecco i racconti allegati agli atti dell’inchiesta. E la ricostruzione di un’amica ancora incredula, distrutta. Ore 4.32: Luigi estrae la pistola, “celata nella cintola dei pantaloni e dopo averla impugnata con la mano destra, la predispone al fuoco, scarrella. E con estrema freddezza si pone in puntamento, dopo qualche istante esplodendo tre colpi in rapida sequenza con il braccio destro proteso in avanti, in direzione della vittima, ad altezza uomo”.

Spara per uccidere. “Ancora più evidente l’intenzione di ferire mortalmente il giovane Cutolo è data dall’immagine che ritrae il minore inseguire la vittima per poter esplodere il terzo colpo con maggior precisione”.

È lancinante, denso di rabbia e lacrime, il racconto di A., la giovane amica della comitiva di Giogiò. Trema per il dolore e la rabbia, mentre riavvolge il nastro dei ricordi dinanzi agli uomini della Squadra Mobile, guidati dal dirigente Alfredo Fabbrocini.
Ecco il racconto.
«Tutto credo sia iniziato da una breve discussione avvenuta davanti al locale “Dog Out” con un ragazzo, era bassino e moro, non so dirvi il nome poiché non lo conosco. Questo ragazzo ha parcheggiato il suo motorino, credo un Sh, appoggiandolo affianco al mio e con il cavalletto laterale, ed io gli ho chiesto se gli sembrasse normale come aveva parcheggiato lo scooter, lui mi ha dato ragione e lo ha spostato. Dopo di che io ed il mio amico Antonio siamo entrati nella paninoteca ed abbiamo ordinato e aspettato i panini. Gli altri miei amici, Antonio, Antonio, Stefano e la vittima Giovanni, avevano già consumato e aspettavano ai tavoli di fronte al bancone che arrivassero altre cose che avevano ordinato. Mentre aspettavamo, un ragazzo, con i capelli castano chiaro e gli occhi azzurri che stava assieme con il ragazzo del motorino, ha versato della maionese sui capelli del mio amico Antonio, dicendo cose del tipo “Stai ancora parlando” riferito alla discussione sul parcheggio del motorino. Io mi sono girata e gli ho detto “ ma che stai facendo? Non stai bene” e cose di questo genere, poi ricordo che Antonio si è levato la maionese con dei fazzoletti.
Nel mentre il mio gruppo di amici, che erano ancora seduti sugli sgabelli, osservavano da circa un metro la scena anche loro stupiti da questo gesto della maionese. All’improvviso è partita una rissa, all’interno del locale, in cui ricordo erano presenti il ragazzo con gli occhi azzurri, un ragazzo alto con la barba e un ragazzo vestito tutto di nero, con un cappellino da baseball, abbastanza in carne. Ricordo che dei miei amici era coinvolto sicuramente Antonio (quello che aveva avuto la maionese in testa) che era circondato dai ragazzi che ho descritto. Non ricordo dove fossero gli altri miei amici perché ero impegnata a dividere i litiganti, mi sono anche messa in mezzo per dividerli. Non so come, la rissa è continuata all’esterno del locale, anche se non c’era più contatto fisico tra i vari litigati ma il ragazzo con la barba ha lanciato uno sgabello verso l’interno del locale e credo che questo sgabello abbia preso Gianni in faccia. Poi, nella confusione, ho visto il ragazzo vestito di nero con il cappellino, appena fuori dal locale, che sembrava lanciasse qualcosa, almeno io ero convinta che avesse lanciato qualcosa, verso Gianni ma in quel momento, dal rumore, credevo fossero dei piccoli petardi”.
La testimone aggiunge: “Ricordo che Gianni si è accasciato, subito dopo aver sentito questo rumore, e sono andata verso di lui e lui non parlava, faceva fatica a respirare e mi è crollato addosso, quasinon riuscivo a reggerlo. Poi sono arrivati i miei amici e abbiamo cercato di capire cosa gli fosse successo: un altro ragazzo che stava con noi, Ciro, diceva che Gianni era stato sparato ma non trovavamo il foro o altre ferite. Poi Gianni ha iniziato a soffocare, io l’ho girato su un fianco per fargli vomitare il sangue e intanto aspettavamo l’ambulanza”.
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