Al Corsera: «Due ragazzi del posto mi hanno chiesto un selfie. Erano tatuati e inanellati. Ho detto loro di andare dal barbiere e togliersi quella roba»
Vincenzo De Luca intervistato da Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera.
Vincenzo De Luca quando ha deciso di prendersi quel caffè da solo a Caivano?
«Dopo che si era verificata una “stesa” notturna a scopo intimidatorio. Ho voluto essere lì, da solo, per rappresentare le migliaia di persone perbene e normali che vivono là, che testimoniano dignità e che chiedono la libertà di vivere in pace. E ho voluto dire anche agli sparatori che le “stese” sono ormai passate di moda, roba da sfessati. Anziché sprecare proiettili, essendosi alla vigilia della stagione di caccia, possono andare a cinghiali, risolvendo anche un problema ai nostri contadini».
La gente che ha incontrato lì che le chiedeva? De Luca:
«Mi ha avvicinato per prima una signora occupata come precaria in un’azienda di pulizie, che mi ha chiesto di poter avere un lavoro stabile. Poi due ragazzi del posto mi hanno chiesto un selfie. Erano tatuati e inanellati. Ci siamo fatti la foto con il pollice alzato e poi gli ho raccomandato di andare dal barbiere a ripulirsi e di togliersi un po’ di anelli e catene perché sembravano un negozio di ferramenta».
Secondo lei che bisogna fare per sottrarre certe zone alla criminalità? De Luca:
«È un problema enorme e complesso, presente purtroppo in tante periferie del nostro Paese. Occorrono risposte a breve, anche repressive, e risposte di lungo periodo. Il punto di partenza è decidere di affrontare il problema e di non girare la testa come si è fatto per decenni».