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Ancelotti padre e figlio, quell’intenso abbraccio finale nella Napoli del bollito e del raccomandato

Gli Ancelotti questa vittoria se la meritavano in una città che come al solito trasforma i propri complessi di inferiorità in rabbia da vomitare su chi è più bravo.

Ancelotti padre e figlio, quell’intenso abbraccio finale nella Napoli del bollito e del raccomandato

Ancelotti padre e figlio al Maradona, quell’intenso abbraccio finale.

È quell’abbraccio al triplice fischio finale, un abbraccio intenso e prolungato, che la dice lunga su quanto gli Ancelotti sentissero questa partita. Perché è vero, come ripete sempre Carlo, che quella separazione fu benefica per tutti. Per lui che andò all’Everton, disputò una buona stagione (dopo di lui l’Everton è franato nei bassifondi della classifica) e soprattutto poi andò a Madrid dove vinse – col figlio Davide ovviamente – la Liga e la Champions. Altro che bollito come a Napoli gli ripetevano un giorno sì e l’altro pure. La stessa Napoli che ha sempre dato del raccomandato al figlio Davide apprezzato a Parigi come a Londra e a Madrid, che invece a Napoli ha dovuto ingioiare un trattamento che è meglio non definire.

Quell’addio anticipato fu benefico anche per il Napoli. Non subito. Una volta superate le sabbie mobili Gattuso, il presidente ricordò di avere nel cassetto il business plan di Ancelotti, stavolta lo applicò (non aveva più niente da perdere), fece fuori i senatori e con Spalletti alla guida vinse lo scudetto. Oggi De Laurentiis si riempie di belle parole per Re Carlo ma allora non esitò a cacciarlo. Per Gattuso poi. Con la complicità di Giuntoli e Chiavelli: una delle pagine più buie del Calcio Napoli.

Quell’abbraccio finale tra padre e figlio racconta che nonostante le dichiarazioni, vincere qui aveva un significato particolare. In fondo è la città che aveva sentenziato la fine di un grande allenatore. Trattato come uno qualunque. Maltrattato. Lui che invece a Madrid sta gestendo Bellingham come nessuno altro farebbe. Chissà cosa resterebbe del povero Jude nelle mani di qualche tecnico contemporaneo tutto freccette e distintivo. Ci vuole un allenatore speciale per guidare il Di Stefano contemporaneo.

Gli Ancelotti questa vittoria se la meritavano in una città che come al solito trasforma i propri complessi di inferiorità in rabbia da vomitare su chi è più bravo ed è considerato inarrivabile.

HA SCRITTO LA GAZZETTA

Anche il Real – nemmeno c’è bisogno di dirlo – è una grande d’Europa, e il Napoli ha pagato sulla propria pelle ciò che questa squadra ha dentro di sé. La formazione di Garcia è andata in vantaggio, è stata scavalcata, ha rischiato il crollo e poi si è rimessa in pari grazie a un rigore che Ancelotti – ci teneva a vincere davanti a De Laurentiis, nell’abbraccio finale al figlio Davide ha scaricato una tensione speciale – ha garbatamente contestato. Poi, il colpo finale. Una carambola? No, un gran tiro di Valverde. Bellingham ha impressionato chi lo conosce poco, ma il Napoli se l’è giocata quasi alla pari. Non è, almeno non ancora, la squadra perfetta, quasi inarrestabile della scorsa stagione, però la doppia sfida con l’Union Berlino dovrebbe aprire agli azzurri le porte degli ottavi.

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