Al Corsera: «oggi quel che è pubblico è considerato governativo. Mancini ha raccontato male la sua uscita dalla Nazionale»

Fabio Fazio intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera.
Fabio Fazio, domenica prossima si ricomincia.
«Ricomincio da Nove».
Quanti anni di Rai?
«Quaranta».
Esordio?
«Imitatore a Pronto Raffaella: 10 ottobre 1983. Non avevo ancora compiuto 19 anni, l’età di mio figlio adesso».
Chi imitava?
«Grillo, Troisi, Benigni, Corrado, Enzo Tortora. E poi quelli che non faceva nessuno».
Chi?
«Gli eroi del Mundial: Paolo Rossi, Antognoni, Bearzot. Più avanti, Gianni Minà».
Come arrivò da Raffaella?
«Dopo due provini. La Rai aveva lanciato il concorso “un volto nuovo per gli anni 80”. Era la risposta alle tv commerciali: loro ci portano via i personaggi, e noi li costruiamo. Il primo provino si fece a Genova, il secondo a Roma. Mi accompagnò mio papà, perché ero troppo ragazzino per andare a Roma da solo. Era la prima volta in vita mia».
Raffaella com’era?
«Me la trovai davanti in ascensore, mi salutò con un cenno del capo. Stavo salendo dagli autori, che erano Magalli e Boncompagni, e non sapevo se mi aveva riconosciuto o se dovevo presentarmi come il nuovo ragazzo delle imitazioni. Pensai con stupore che Raffaella era a colori. L’avevo sempre vista in bianco e nero».
«Finii a fare il programma della Carrà per cinque giorni, di cui uno di sciopero, e pensavo che questo esaurisse l’obbligo della Rai nei miei confronti. Invece la storia è andata avanti. Più di due terzi della mia vita».
«Belli ciao» vi ha salutati Salvini.
«Ha firmato l’uscita».
È vero che ha contato gli attacchi di Salvini contro di lei?
«Ero arrivato a 124. Poi ho perso il conto».
E il Pd?
«Se fossi organico al Pd o a chiunque altro sicuramente sarei ancora in Rai. Non sono mai stato difeso, con buona pace degli illustri colleghi secondo cui ero tornato su Rai3 grazie al Pd. Non ho mai avuto nessun tipo di aiuto, e non mi sognerei di chiederlo».
Perché?
«Perché se chiedi aiuto hai finito di fare il tuo lavoro. La libertà è una sorta di solitudine. Non vivo a Roma ma a Milano, con la mia famiglia. Non frequento quasi nessuno».
In Rai è davvero cambiato qualcosa con la destra?
«In Rai, ma onestamente più in generale nel Paese, si ha l’impressione che si sia abdicato all’idea di ciò che sempre è stato considerato pubblico, trasformandolo in governativo. Non è spoils system; è come se, quando cambia il sindaco, cambiasse il tragitto dell’autobus. E questa è una grande perdita. Perché sono sempre di meno i valori acquisiti, a prescindere dalle maggioranze che si alternano».
Lei è della Samp, Vialli e Mancini erano i suoi idoli oltre che suoi coetanei. Come ha preso l’addio del ct della Nazionale?
«Auguro ogni bene a Roberto, ma penso che l’uscita non sia stata felice. Avrebbe dovuto spiegare meglio i motivi».
I soldi.
«Mi pare ingeneroso e superficiale: non credo ne avesse bisogno. Sarebbe interessante conoscere le circostanze che l’hanno portato a prendere una decisione raccontata male».